Attualmente in Italia si contano 70mila ricercatori: una popolazione decisamente esigua se raffrontata con i 100mila della Spagna, i 200mila della Francia e i 270mila della Germania. Ancora, gli investimenti sulla conoscenza promossi nel nostro paese sono pari al 2,5 per cento del Pil, niente rispetto al 6,5 per cento di realtà avanzate come Svezia e Stati Uniti. Per non parlare, poi, del numero di laureati in ingegneria, tra i più bassi nel contesto dell’area del G7. Il bilancio? L’Italia oggi è il fanalino di coda nella classifica delle competenze scientifiche diffuse all’interno delle aree più avanzate del mondo.
È uno scenario preoccupante quello rappresentato da Luigi Berlinguer, presidente del Gruppo di lavoro per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica, nel corso del convegno organizzato oggi dal Cnr, a Roma, “Scienza è cultura – La cultura scientifica e tecnologica per lo sviluppo del paese”. Nel corso dei lavori (cui hanno partecipato il presidente del consiglio Romano Prodi e il ministro della pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, impegnati nella premiazione degli studenti vincitori delle Olimpiadi internazionali di scienza), Berlinguer ha illustrato i punti salienti del documento di lavoro predisposto dal Gruppo, e contenente le linee guida per ridare impulso alla cultura scientifica in Italia.
“La situazione è molto grave, e non è percepita come tale dal paese nel suo complesso”, ha affermato Berlinguer: “Sono troppi gli indicatori allarmanti che mostrano una profonda crisi in corso. Siamo di fronte a una pericolosa perdita di peso internazionale, alla contrazione delle opportunità offerte alle nostre giovani generazioni, al rischio di una marginalizzazione nella società mondiale della conoscenza. La scienza è un bene pubblico, la scienza è cultura: altrove si tratta di un’affermazione ovvia, ma nel paese di Leonardo, Galileo e Fermi non sembra esserlo”.
Le strategie operative proposte dal Gruppo spaziano in tutti gli ambiti di sviluppo: dalla scuola alle università, dalle istituzioni e le organizzazioni culturali alle imprese, ai media. Tra i punti prioritari figurano la promozione di un programma per lo sviluppo professionale dei docenti e l’adeguamento delle scuole a laboratori del sapere scientifico, dotate, – in quanto tali – di infrastrutture, mezzi e strumenti necessari per la pratica sperimentale.
Gli atenei, ancora, devono riprogettare i propri percorsi in modo da ovviare alla crisi attuale delle immatricolazioni ed estendere al massimo l’orientamento formativo, sviluppando i modelli emersi con il Progetto Lauree Scientifiche. Se musei, science center e osservatori devono agire in una logica di rete e dedicare grande cura alla professionalità degli addetti (in supporto all’attività scolastica), sul fronte imprenditoriale è necessario, invece, definire pratiche permanenti di conoscenza e formazione (previste dai recenti provvedimenti sull’istruzione tecnica e professionale, dagli istituti tecnici superiori e dai poli tecnologici). Determinante, infine, una maggiore sensibilizzazione da parte dei media, che devono affrontare con maggiori rigore i temi della scienza e contribuire a cancellare quell’atteggiamento di diffidenza con cui oggi spesso sono considerati i ricercatori da parte dell’opinione pubblica.
“Gli investimenti finanziari sono indispensabili, ma da soli non bastano”, ha concluso Berlinguer: “È indispensabile un radicale cambiamento di atteggiamento culturale, di metodo, innanzitutto dei responsabili politici. E principalmente a loro che bisogna chiedere, al di là della dialettica dei diversi schieramenti, che cosa hanno intenzione di fare”. (l.s.)