Un database per fermare gli atleti “geneticamente modificati”

via Pixabay

Super-atleti in grado di correre più forte, saltare più in alto e resistere maggiormente agli sforzi. Il tutto senza che i test antidoping riescano ad individuarli. È questo lo scenario sportivo che rischia di diventare realtà, quando cioè entreranno in campo – ammesso che già non sia successo – gli atleti modificati grazie all’editing genetico CRISPR.

Uno scenario tanto verosimile che l’agenzia mondiale antidoping World Anti-Doping Agency (WADA), dopo aver introdotto il passaporto biologico che permette di monitorare nel tempo i parametri ematici degli atleti, ha appena annunciato la volontà di creare un vero e proprio database genomico di tutti gli atleti olimpici. Il DNA degli atleti verrà conservato nelle sedi WADA e sarà possibile valutare nel tempo se e quanto le informazioni del corredo genomico vengano alterate. A costi ridotti: “In futuro sarà facile avere il sequenziamento completo del genoma degli atleti per poche centinaia di dollari” ha detto infatti Oliver Rabin, direttore scientifico dell’agenzia antidoping, in occasione dell’incontro dei vertici avvenuto qualche settimana fa nel quartier generale a Montreal, dove per la prima volta si è discusso seriamente del doping genetico.

La pratica di manipolare il DNA per aumentare le prestazioni atletiche è stata vietata nel 2003, sebbene ad oggi nessun atleta sia stato messo sotto accusa per pratiche illecite di questo tipo. Ma le tecniche di modificazione genetica nell’era pre-CRISPR , seppur complicate, erano “facilmente” individuabili in quanto utilizzano vettori di DNA estraneo, solitamente virus, che può essere isolato nel sangue dell’atleta fino a 2 mesi dopo il trattamento.

L’avvento di CRISPR e la sua rapida diffusione ha però modificato il panorama. Inducendo la WADA, nel gennaio 2018, a modificare la definizione di doping genetico in “agenti di modifica genica progettati per alterare la sequenza del genoma e/o la regolazione trascrizionale o epigenetica dell’espressione genica”. Di fatto un atleta geneticamente modificato con CRISPR risulterebbe non individuabile ai test antidoping. E sebbene lo scenario appaia ancora futuribile, e non tutti gli aspetti dell’editing genetico siano chiariti, si tratta certamente di un aspetto con il quale sarà necessario fare i conti in futuro.

Non a caso Theodore Friedmann, capo della sezione antidoping genetico della WADA e professore di pediatria all’Università della California di San Diego, sta studiando come utilizzare CRISPR per inibire i geni che regolano la miostatina, un fattore di crescita che inibisce la crescita muscolare in bambini che sviluppano muscoli enormi. Secondo Friedmann, CRISPR potenzialmente potrebbe essere usato al contrario: modificare la miostatina per sviluppare una muscolatura anormale negli atleti, inserire geni che regolano i livelli di ossigeno nel sangue o geni che regolano la rimozione dell’acido lattico dopo un duro sforzo.

Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

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