“Buongiorno Dottore, le chiedo di non rispondermi in modo tecnico ma con parole semplici perché il linguaggio tecnico l’ho già trovato e non ci ho capito nulla”. Inizia così una delle tante domande sul sito mettiche.it, della Smic (Società medica italiana per la contraccezione), nato con l’intento di fornire ai giovani, in particolare alle giovani donne, informazioni corrette sulla contraccezione. Da questo sito, è nato il volumetto “200 e più domande e risposte sulla contraccezione e sulla contraccezione d’emergenza”, scaricabile sotto forma di ebook, che contiene una selezione di domande inoltrate al sito con le relative risposte del ginecologo.
Il volume – firmato Emilio Arisi, presidente della Smic, e curato da Maria Luisa Barbarulo – si articola in diversi capitoli, ognuno dedicato a un metodo anticoncezionale. Si parla di contraccezione di emergenza, di metodi anticoncezionali ormonali (pillola, anello, cerotto, impianto sottocutaneo), di spirale e di preservativo. Le sezioni finali sono dedicate alle malattie a trasmissione sessuale, alle curiosità sul sesso e alla conoscenza del proprio corpo.
Quel che emerge dal libro è uno spaccato di dubbi, pensieri, ansie, talvolta vere angosce, delle giovani donne, che si affacciano alle prime esperienze sessuali con incertezza, confusione, pregiudizi, e scarse conoscenze sul proprio corpo e sulla propria sessualità. “Presunzione, ignoranza, impertinenza, irruenza, creatività, forza e debolezza, insieme ci propongono una tavolozza di personalità che merita una particolare riflessione” scrive Arisi. Stupisce anche che, a 56 anni dall’introduzione del primo anticoncezionale ormonale, la consapevolezza del controllo della fertilità non sia così chiara nelle ragazze di oggi. C’è addirittura la donna che afferma “preghiamo e chiediamo preghiere al Signore misericordioso che non permetta questo scandalo”, alla quale il ginecologo suggerisce un anticoncezionale per i rapporti futuri perché, dice, “per non restare incinta solitamente non basta pregare, ma occorre agire”.
È la mancanza d’informazione chiara e autorevole, secondo Arisi, la ragione della confusione e dell’incertezza nelle giovani su questi temi. “L’Italia, manca di un progetto specifico che, già dalla scuola primaria, introduca i concetti di educazione sentimentale, anatomia e fisiologia maschile e femminile, informazioni sui rapporti di coppia, sulle malattie a trasmissione sessuale, sulle modalità per evitare gravidanze non desiderate”. L’informazione che manca, dunque, fa sì che “il vuoto di conoscenza si perpetui”.
Posto che la scuola non fornisce l’educazione sessuale, il compito di fornire spiegazioni pronte e corrette, in Italia, è svolto dai consultori, luogo di prima istanza delle donne per avere supporto medico e psicologico alla salute riproduttiva e alla maternità. Ma il sistema funziona davvero? Una risposta ha provato a darla un’indagine svolta a settembre sui consultori di Roma e Fiumicino, con lo scopo di verificare l’effettiva disponibilità e fruibilità dei servizi offerti. I risultati della ricerca, presentati pochi giorni fa, rimarcano una sostanziale eterogeneità dei diversi consultori. “Ognuno fa un po’ quello che gli pare” commenta la Lisa Canitano, ginecologa romana che aderisce all’associazione Vita di donna.
Quasi la metà dei consultori ha tempi di attesa di un mese o più per una visita per la scelta del metodo contraccettivo. “Se io sono una donna e mi sono fidanzata, aspettare un mese prima di instaurare una pratica contraccettiva corretta è un problema” afferma Canitano. Nel 25% dei consultori non viene inserita la spirale, e in due di essi la motivazione addotta è la contrarietà etica delle ginecologhe. “Posso anche capire i motivi etici dei cattolici nell’uso di questo sistema, però qualcuno lo deve fare. L’obiezione di coscienza non deve avere come risultato il blocco del servizio” continua Canitano. Inoltre, solo due su 36 consultori inseriscono la spirale di emergenza, un dispositivo che, se messo entro 4-5 giorni dal rapporto, può impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato. “Manca una gestione centralizzata del servizio: la regione dice che ogni consultorio deve praticare tutti i metodi anticoncezionali, ma di fatto nessuno controlla l’erogazione delle prestazioni” conclude Canitano.