Sappiamo ormai bene che il coronavirus può essere rinvenuto anche nelle feci. Tanto che, fin dall’inizio della pandemia, la comunità scientifica si è concentrata anche sul campionamento acque di scarico per tener traccia della diffusione del virus, in concomitanza con il monitoraggio fatto sulla popolazione. Ma ora, l’analisi delle acque reflue potrebbe rappresentare uno strumento utile anche per rilevare possibili nuove varianti del virus, come per esempio la ben nota variante inglese, il ceppo B.1.17. A raccontarlo sono i ricercatori dell’Università della California a Berkeley in un nuovo studio pubblicato su mBio, rivista dell’American Society for Microbiology, che hanno messo a punto un sofisticato metodo in grado di rilevare varianti del virus ancor prima delle analisi cliniche.
Il coronavirus nelle fogne
L’analisi delle acque di scarico è importante per poter rilevare numerosissime sostanze, tra cui anche le droghe, e caprine la diffusione tra la popolazione. Nel caso del coronavirus, che viene escreto dalle feci di persone infette dalla Covid-19, sono stati molti gli studi che fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria hanno dimostrato come il sequenziamento del genoma virale nelle acque reflue fosse importante per tenere sotto controllo la diffusione del coronavirus. Per esempio, uno studio dello scorso aprile svolto dall’Istituto superiore di sanità (Iss), evidenziava la presenza di materiale genetico del coronavirus nelle acque di scarico della rete fognaria di Milano e di Roma.
“Il Sars-Cov-2 viene escreto da persone affette dalla Covid-19 per finire poi nei sistemi fognari”, ricorda oggi l’autrice Kara Nelson. “Il campionamento delle acque reflue, quindi, è un modo molto efficiente per avere dati”, continua l’esperta, precisando che questa tipologia di analisi offre un quadro delle infezioni del coronavirus meno falsato. “Possiamo ottenere informazioni da molte persone, indipendentemente dal fatto che si siano sottoposte o meno a un test diagnostico”, precisa l’esperta. “Sappiamo che ci sono individui che hanno infezioni asintomatiche e che quindi potrebbero non essere mai stati sottoposti a test”.
Campionare le acque reflue
L’analisi delle acque reflue, tuttavia, è piuttosto complessa, in quanto nei campioni possono essere presenti molti ceppi virali diversi ed è difficile distinguere il materiale genetico del coronavirus dai miliardi di batteri e virus che vengono espulsi ogni giorno. Per questo i ricercatori hanno concentrato le analisi su campioni arricchiti dell’RNA di interesse e hanno sviluppato poi un innovativo metodo in grado di identificare le varianti a singolo nucleotide (cioè una variante del materiale genetico a carico di un sola lettera). “Invece di sequenziare direttamente tutto ciò che è presente”, spiega l’autrice, “abbiamo sviluppato un nuovo approccio di analisi bioinformatica che è abbastanza sensibile da rilevare una singola differenza di nucleotidi. Non si può diventare più sensibili di così”.
Nuove varianti del coronavirus
Nello studio, quindi, i ricercatori hanno sequenziato l’RNA virale dalle acque di scarico nell’area della baia di San Francisco per ottenere genomi del coronavirus completi e quasi completi. Da qui, il team ha scoperto che i principali genomi appena rilevati erano identici a quelli identificati dalle analisi cliniche. Oltre a quelle presenti nell’area e rivelate nei pazienti, le analisi sulle acque reflue hanno anche mostrato varianti a singolo nucleotide che erano state segnalate solamente in altre regioni degli Stati Uniti o nel mondo.
Un dato, quindi, che suggerisce come le analisi delle acque reflue possa fornire prove di nuovi ceppi virali ancor prima che vengano scoperti dalle analisi cliniche. “Di tutti quelli che vengono testati, solo una frazione di quei campioni viene sequenziata. Quando si campionano le acque reflue, invece, si possono ottenere dati più completi e meno distorti sulla popolazione”, ha concluso Nelson. “Potremmo così essere in grado di ottenere un segnale precoce nelle acque reflue della presenza di una nuova variante”.
Riferimenti: mBio
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