Coronavirus, cosa sappiamo sulla terapia col plasma

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La corsa a una terapia contro il nuovo coronavirus non si arresta. Da qualche tempo si parla spesso del plasma (la parte liquida del sangue) da guariti, che contenendo anticorpi specifici contro il Sars-Cov-2, può aiutare i malati a contrastare l’avanzata del virus. La terapia, già in corso di sperimentazione dall’inizio di aprile, ha mostrato risultati molto positivi nei circa 50 pazienti trattati. Questa terapia è stata oggetto di forti apprezzamenti, ma anche di alcune critiche e di probabili bufale, come l’idea circolata sui social che il trattamento sia stato tenuto nascosto o che non interessi alle case farmaceutiche. E poi, il sindaco di un paese in provincia di Pavia denuncia i tempi lunghi della burocrazia che sta di fatto ostacolando la donazione da parte di numerosi guariti intenzionati a salvare vite umane. Insomma, la confusione è molta e le certezze sono poche. Per fare chiarezza, ecco cosa sappiamo realmente a oggi.

Cos’è la terapia col plasma, punti di forza e limiti

Il trattamento è promettente e consiste nell’infusione nei pazienti con Covid-19, di plasma prelevato da persone già guarite dall’infezione. Queste persone hanno sviluppato gli anticorpi contro il nuovo coronavirus e proprio per questo il plasma contenente gli anticorpi potrebbe fornire una sorta d’immunità che aiuta il malato a difendersi dall’avanzata dell’infezione (questo plasma viene chiamato iperimmune). La terapia non è peraltro nuova, dato che già utilizzata nella Sars e nella Mers – ma anche in altre epidemie precedenti – e potrebbe rappresentare, come spiega chi la sta applicando, una sorta di ponte in attesa di un vaccino o di un farmaco specifico per Covid-19. Le sperimentazioni sono già iniziate all’ospedale Carlo Poma di Mantova, in collaborazione col San Matteo di Pavia, che ha sviluppato il protocollo. I limiti riguardano la necessità della compatibilità del sangue fra il guarito e il curato.

Una terapia miracolosa tenuta nascosta?

Negli scorsi giorni sono circolate sui social, fra cui su whatsapp, teorie e ipotesi per cui qualcuno vorrebbe tenere nascosta un’opportunità terapeutica eccezionale, magari perché non interessa alle aziende. Ma il biologo Enrico Bucci, docente alla Temple University a Philadelphia, smentisce queste notizie, spiegando che numerose testate ne hanno parlato (e cita un elenco piuttosto lungo) e che diverse case farmaceutiche sono impegnate nella realizzazione degli strumenti che permettono di trattare il plasma, nonché nello sviluppo di terapie basate sull’estrazione dal plasma dei soli anticorpi per poter somministrare solo questi anziché tutto il liquido.

La stessa Asst di Mantova che si occupa della sperimentazione, e anche l’Associazione volontari italiani del sangue Avis, hanno appena precisato che non si tratta di una cura miracolosa, ma un valido strumento aggiuntivo, da non contrapporre ai test, altre terapie di supporto ed eventuale futuro vaccino. L’Avis aggiunge che si tratta di una terapia sperimentale d’emergenza, già nota e usata in passato, e che è necessario procedere con calma. “Non appena le aziende di plasmaderivazione saranno in grado di produrre le immunoglobuline specifiche”, scrive l’associazione, “coinvolgeremo la generosità dei donatori per la plasmaferesi”.

Il caso del comune di Robbio, la burocrazia

Sempre parlando di plasma, una notizia circolata sui media, per cui il dibattito è ancora aperto, è quella del caso del piccolo centro di Robbio, in provincia di Pavia. Si tratta del primo comune in Lombardia che ha dato il via ai test sierologici anche nei laboratori privati, dunque in qualche modo “non ancora autorizzati”, come si legge sull’agenzia Agi, per verificare lo sviluppo dell’immunità anche nei laboratori privati. Il tutto per accelerare le analisi. E il sindaco di Robbio Roberto Francese denuncia di avere 400 volontari guariti pronti a donare il plasma – “400 vaccini umani” – che però non possono farlo a causa dei tempi della burocrazia. Questo perché i test svolti non sono validati dall’amministrazione, spiega Francese, ma alcuni di questi test sono già ad esempio autorizzati dalla regione Emilia-Romagna. Ora, prosegue il sindaco, anche la Lombardia farà effettuare i test ai privati, solo che in ritardo, come dichiara. Il caso e le ragioni sottostanti sono da approfondire e la discussione è ancora in atto.

Via Wired.it

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