Coronavirus, come andremo in vacanza: le regole in spiaggia

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Nell’emergenza Covid-19, tuttora in atto, il futuro della nostra vita lavorativa, economica e sociale, nonché delle attività ricreative e del tempo libero è ancora per forza di cose poco chiaro e sospeso. Tuttavia, con l’arrivo dell’estate molte persone iniziano a chiedersi se e come sarà possibile spostarsi e viaggiare per concedersi una vacanza. Ecco, in un punto scientifico, alcuni scenari possibili con le regole che molto probabilmente dovremo seguire per un’estate in sicurezza, senza rinunciare completamente allo svago.

Vacanze, un’estate non come le altre

In primo luogo, bisogna fare i conti con la realtà e ricordare che questo è un periodo anomalo, in cui l’emergenza sanitaria Covid-19 è ancora in atto. “Il distanziamento sociale è e probabilmente resterà la regola ancora per un po’”, ha sottolineato Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e responsabile del Coordinamento emergenze epidemiologiche della Regione Puglia. “Non sarà un’estate come le altre ed è inutile che ci sforziamo di rincorrere a tutti i costi una vacanza quanto più possibile simili a quelle degli anni precedenti. Questo atteggiamento potrebbe produrre solo delusione”. Al contrario, rimarca l’esperto, è meglio dare libero sfogo a idee creative, dal punto di vista organizzativo e pratico, per una vacanza non convenzionali. “Possiamo iniziare a pensare a momenti di svago e relax, non necessariamente al mare“, aggiunge Lopalco, “in cui sia possibile godere degli spazi aperti e della natura, magari anche in compagnia, ma sempre in sicurezza e rispettando le regole”. Insomma, questa è la cornice in cui ci muoveremo.

Mantenere le distanze, anche al mare

Mantenere la distanza potrebbe essere più complicato, in vacanza, soprattutto al mare, dove le occasioni di contagio a causa della vicinanza fra le persone sono più alte rispetto ad altre mete. Giochi nell’acqua, bagnasciuga affollati, capannelli per acquistare la grattachecca in spiaggia, saranno ricordi lontani. Le file di ombrelloni e gli ombrelloni stessi saranno distanziati di alcuni metri. “Sicuramente questa è una misura opportuna”, ha commentato Lopalco, “insieme al distanziamento sociale, all’uso delle mascherine e alla regola di non creare gruppi o capannelli. Quello che dobbiamo a tutti i costi evitare è che nuclei familiari diversi, entrando in contatto, possano diffondere l’infezione fra un gruppo e l’altro”. Insomma, se finora il contagio è avvenuto a volte all’interno della famiglia (ed era spesso inevitabile), allentando le misure si deve però ridurre il rischio di una diffusione del virus anche extrafamiliare.

“È chiaro – aggiunge Roberto Cauda,direttore del Dipartimento di malattie infettive della Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli – università Cattolica del Sacro Cuore – che persone che abitano nella stessa casa e sostano sotto lo stesso ombrellone non devono indossare la mascherina o mantenere le distanze, dato che non applicano queste regole neanche a casa”. Ma sarà probabilmente necessario, prosegue l’esperto, per tutelare la salute di tutti, che nuclei distinti e non coabitanti – pensiamo ad amici o conoscenti – adottino queste precauzioni.

Al mare, in spiaggia e in acqua

Non ci sono particolari rischi, invece, secondo Cauda, se si cammina o ci si stende col telo sulla sabbia o se i bambini giocano con la sabbia, sempre mantenendo le distanze. “La trasmissione del virus”, ricorda l’esperto, “avviene principalmente per via aerea, a causa della vicinanza fra una persona e l’altra, mediante il contatto delle goccioline di saliva – le ormai note droplet – direttamente sulle mucose, oppure dalle mani a contatto con le mucose”. Per cui sì a passeggiate, bagni in mare, relax sotto il sole, ma sempre senza creare assembramenti.

Anche riguardo ai bagni in mare, non ci sono pericoli. “Se si fa un bagno non bisogna creare assembramenti“, aggiunge Cauda, “e le persone dovranno mantenere le distanze, come fuori dall’acqua. Ma il rischio in mare o sulla spiaggia rimane lo stesso”.

Riguardo alla probabilità di contagio da lettini o altre superfici, la sanificazione, ripetuta per ogni utente, di sdraio, lettini, tavoli e altri oggetti sulla spiaggia e nelle aree comuni è sufficiente e necessaria. La sanificazione, peraltro, è semplice: si è dimostrato che basta passare alcol o soluzioni a base di ipoclorito di sodio per eliminare eventuali tracce di virus.

L’aerosol sulla spiaggia

In generale, la teoria per cui il contagio in spiaggia o in mare possa avvenire tramite minuscole particelle di saliva sospese nell’aria – il cosiddetto aerosol, da non confondere con le goccioline più grandi e dirette dei droplet – è piuttosto remota, concordano gli esperti, soprattutto perché siamo all’aperto. “Già per altri virus e patogeni si è dimostrato che in estate la trasmissione è ridotta anche per il fatto che trascorriamo molto più tempo all’aperto e in ambienti molto ventilati”, rimarca Cauda. “E questo con buona probabilità potrebbe valere anche per il nuovo coronavirus”.

E se c’è molto vento e il mare è mosso ci sono maggiori rischi? “Attualmente”, concordano Lopalco e Cauda, “non ci sono ragioni e prove scientifiche per ipotizzare che le onde che si infrangono sulla battigia possano aumentare il rischio della trasmissione di virus tramite aerosol”. E la ventilazione di per sé non è un elemento negativo: è proprio grazie alla maggiore aerazione che in estate la diffusione di molti virus risulta ridotta. Tuttavia la cautela è d’obbligo e si attendono eventuali indicazioni degli esperti per le giornate burrascose.

L’aerosol al chiuso, al ristorante o in albergo

Che l’aerosol all’aperto sia poco pericoloso per il Sars-Cov-2 lo mostra un recente studio condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, pubblicato su Atmosphere, secondo cui all’aperto la probabilità di trasmissione del virus con questo meccanismo risulta essere molto bassa. Al contrario, però, maggiore attenzione dovrà essere posta negli ambienti chiusi, come ristoranti degli stabilimenti balneari, ma anche baite e alberghi in montagna o in altri luoghi di villeggiatura. Al chiuso, in generale, le regole devono essere più strette perché qualora ci fossero delle persone contagiate il rischio di una trasmissione anche via aerosol potrebbe crescere: per questo una buona aerazione degli spazi interni è importante.

Caldo e aerazione potrebbero venirci in aiuto

Oltre alla maggiore aerazione, anche il caldo estivo potrebbe essere un punto di forza contro il coronavirus, come avviene per altre malattie infettive respiratorie. Questo, almeno, è l’auspicio, ma bisogna sempre usare il condizionale, dato che Sars-Cov-2 è un virus nuovo. “Quello che ci fa ammalare di meno nelle stagioni calde”, conclude Cauda, “è il fatto che stiamo più all’aperto, in ambienti ventilati, e la presenza di temperature elevate. Il freddo, infatti, al contrario del caldo, secca le mucose e può compromettere la clearance mucociliare”. La clearance mucociliare è di fatto il nostro primo scudo contro i patogeni ed è un sottile strato di muco imprigiona i patogeni che grazie a particolari cellule ciliate vengono convogliati nello stomaco e così disarmati.


Leggi anche: Tutti in fila per il test sierologico, ma ne vale veramente la pena?


Il “passaporto sanitario”

Anche l’idea di testare tutte le persone che si spostano per andare in vacanza, fornendole di un passaporto sanitario attraverso il test sierologico sembra molto remota e anche poco efficace. Il ministero della Salute ha sottolineato che i test in questione non hanno valore diagnostico e che spesso devono essere confermati con il tampone, che invece ha valenza diagnostica. Peraltro, spiegano gli esperti, questi test non forniscono ancora una patente d’immunità, che potrebbe però essere dimostrata negli studi nei prossimi mesi. Ma anche qualora l’immunità fosse effettivamente confermata, chi ha sviluppato alcuni anticorpi (le IgG) risulterebbe protetto, mentre chi ha solo altri anticorpi (le IgM) potrebbe essere ancora positivo al virus e dunque sarebbe necessario fare il tampone. Inoltre, chi non avesse nessuno di questi anticorpi dovrebbe comunque fare il tampone (o il test sulla saliva), sempre se si decidesse di seguire questa strada. Anche per questo secondo gli esperti si tratta di uno scenario molto lontano dalla realtà.

Via Wired.it

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