«Come per l’aborto bisogna garantire ai professionisti il diritto all’obiezione di coscienza» ha dichiarato qualche giorno fa Paolo Scollo, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (comunicato stampa del 29 settembre, SIGO: “Bene le linee guida sulla fecondazione eterologa ma serve al più presto una nuova legge nazionale sulla PMA”). «Così come per l’aborto anche per l’eterologa va riconosciuto e garantito al ginecologo il diritto all’obiezione di coscienza» si legge qualche riga dopo.
Che cosa vuol dire? Paolo Scollo ha letto la legge 40 di cui parla?
L’articolo 16 prevede già la possibilità di fare obiezione di coscienza (che poi questo sia condivisibile o no è un altro discorso). Eccolo per intero:
1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge al direttore dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.
2. L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.
3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall’assistenza antecedente e conseguente l’intervento.
Possibile che il presidente della SIGO abbia dimenticato l’articolo 13? Possibile che nessuno, al momento di scrivere il comunicato, abbia controllato?
Oppure ciò che Scollo vuole dire è: ci vuole l’obiezione di coscienza specificamente per l’eterologa – «Così come per l’aborto anche per l’eterologa va riconosciuto e garantito al ginecologo il diritto all’obiezione di coscienza» – ovvero dovrei poter decidere di fare obiezione soltanto su una specifica tecnica continuando a eseguire le altre? Dovrei poter giudicare come moralmente ineccepibile l’omologa perché “tutto resta in famiglia” e condannare invece il ricorso a gameti altri? L’eterologa, si sa, è figlia del demonio, è il fantasma del “tradimento genetico”, è l’adulterio con il lattaio (sic).
Se l’obiezione di coscienza – come possibilità di essere esonerati da una pratica che potrebbe o dovrebbe rientrare nel dominio di una professione che hai liberamente scelto (l’esempio perfetto è l’obiezione di coscienza riguardo all’interruzione volontaria di gravidanza) è già controversa, l’obiezione di coscienza selettiva sarebbe perfino più difficile da giustificare.
Credits immagine: Matthieu Luna/Flickr