Come conciliare la nostra esperienza quotidiana sui colori con le spiegazioni offerte dalla scienza? Quali e quante sono le implicazioni filosofiche del nostro vedere colori e avere quotidianamente a che fare con oggetti colorati? E se il mondo non fosse affatto colorato? La filosofia anglo-americana degli ultimi quarant’anni ha variamente dissertato su questo tema. L’argomento coinvolge non solo le interpretazioni scientifiche sul colore ma, soprattutto, l’annoso problema delle relazioni mente-corpo e lo stesso – molto discusso – concetto di realtà. Elaborazioni filosofiche e artistiche sono presentate nel libro di Alice Barale, studiosa di estetica, che passa in rassegna le considerazioni sugli aspetti cromatici del mondo sviluppate dai movimenti di pensiero più recenti.
Visioni di tutti i colori
Ed è interessante la contrapposizione ragionata delle interpretazioni sul colore proposte dai vari sistemi filosofici che qui è soltanto possibile elencare. C’è il soggettivismo, l’eliminativismo, il relazionalismo, il rivelazionismo, il primitivismo realista o eliminativista, il fisicalismo, il realismo ingenuo… e molti altri. Il carattere qualitativo dei colori rimane ancora un problema da risolvere: forse corrisponde a semplici stati mentali? O è indipendente dalla mente? Forse i colori sono irreali? Cosa valgono le spiegazioni dei fisici? I termini e i concetti di colore, strutturati nel nostro linguaggio, a cosa corrispondono?
Colore e percezione
Quasi in contrapposizione con le spiegazioni fisiche dei fenomeni luminosi, come l’assorbimento, la riflessione e la trasparenza delle diverse materie, sono inevitabili le discussioni sui “qualia”, cioè sulle sensazioni esperite dalle persone nelle diverse situazioni. Queste rimandano storicamente alle qualità primarie e secondarie che hanno avuto origine nel pensiero di Democrito e sono state poi sostenute da Galilei. E proprio a proposito dei “qualia” vengono presentati alcuni esempi con cui le diverse correnti di pensiero sostengono o contestano le varie ipotesi sulla percezione del colore e sul linguaggio che la esprime.
Se il rosso diventa verde e viceversa
Possiamo qui ricordare il famoso argomento dello “spettro invertito”, già proposto da Locke nel XVII secolo. Supponiamo che lo spettro dei colori per alcuni sia completamente invertito. Costoro chiamano «vedere rosso» ciò che le persone normali chiamano «vedere verde» e viceversa. Nei test usuali queste persone darebbero risposte che non farebbero capire la loro inversione dello spettro. Inoltre dal confronto di quello che dichiarano di aver visto, non sarebbe possibile conoscere le sensazioni effettivamente esperite (i loro qualia). Non si noterebbero né differenze nel comportamento né differenze nei loro pattern neurali.
I colori dell’arte
Dunque i colori hanno da sempre fatto discutere filosofi, psicologi e scienziati. Ed anche pittori di tutti i tempi hanno elaborato teoricamente la loro concezione del colore. Oggi, se da un punto di vista fisico le spiegazioni che Newton presenta nel suo trattato sull’Ottica non sono più soddisfacenti, la Teoria dei colori di Goethe rappresenta ancora un punto di riferimento importante. Inoltre molti artisti come Klee e Kandinsky hanno teorizzato il loro modo di dare significato alla pittura.
Molto importante è, per l’autrice, l’analisi dell’opera di alcuni pittori contemporanei, diversi nello stile e nelle elaborazioni cromatiche, a cui è dedicato un intero capitolo. Vengono analizzate in particolare la serie sulle Città fantasma di Velasco Vitali, i quadri ispirati a Le avventure di Huckleberry Finn di Sante Moix, le “abbazie” di John Piper. Le immagini sono presentate alla fine del volume. Il lettore può comprendere meglio come venga sviluppato, per ogni opera, il valore simbolico della scelta del colore, il significato delle forme, sfumature, rappresentazioni e metafore che appaiono nei dipinti.
Il colore del foliage
L’ultimo capitolo è quasi interamente dedicato alla relazione tra colore e linguaggio, con belle citazioni dalle Osservazioni sui colori di Wittgenstein, completate dalle riflessioni pubblicate nelle Ricerche filosofiche. Nel suo sistema di pensiero le somiglianze tra i colori diventano uno dei modelli di riferimento per una teoria più generale delle somiglianze, che a partire dalle “somiglianze di famiglia” si estende fino alle somiglianze tra diversi “giochi linguistici” che a loro volta individuano somiglianze tra “forme di vita”. Secondo Wittgenstein, non abbiamo alcun criterio per stabilire che qualcosa sia un colore se non attraverso il linguaggio che consente di comprenderci tra umani, nonostante piccole discrepanze nella percezione e piccole discrepanze tra soggetti diversi. E’ questa indeterminatezza generata dall’insieme di tante esperienze, conclude l’autrice, che rende i colori così spaesanti, difficili da trovare, da vedere e da descrivere come il rosso-verde delle foglie autunnali.
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