È ormai noto da anni che nelle nostre campagne è in corso una lenta e progressiva scomparsa degli insetti impollinatori come le api. I fattori sono molteplici, spesso legati ai cambiamenti climatici, ad agenti patogeni, alla crescente urbanizzazione e alla distruzione di habitat naturali.
Oggi però le conseguenze di questo declino sono state finalmente quantificate da un importante studio pubblicato sul giornale open access BioRisk. I ricercatori del progetto del Settimo Programma Quadro Status and Trends of European Pollinators (STEP), arrivato al termine dopo ben 5 anni di lavoro, hanno infatti dato vita al dossier “Climatic Risk and Distribution Atlas of European Bumblebees”. Il documento mostra come questo calo numerico delle specie responsabili dell’impollinazione metterà seriamente in crisi la produzione agricola europea e non solo.
L’impollinazione è un servizio essenziale dell’ecosistema, fondamentale per il mantenimento sia delle specie vegetali selvatiche che di quelle coltivate. Il 78% dei fiori beneficia di questo processo naturale, come l’84% delle coltivazioni europee; ciò implica che circa il 10% del valore economico totale della produzione agricola, ovvero oltre 14 miliardi di euro, dipende dall’impollinazione. Di fronte a questi dati, le conseguenze economiche relative a una progressiva scomparsa degli insetti impollinatori risultano quindi evidenti. Tuttavia fino ad ora non era chiaro il quadro completo relativo a questa estinzione di massa. Il progetto STEP, frutto di una collaborazione che ha coinvolto più di 20 centri di ricerca, ha fatto luce al riguardo, dando molte importanti risposte.
Come scritto sul sito web dedicato, l’obiettivo generale di STEP è stato quello di “valutare lo stato e le tendenze attuali in Europa degli impollinatori, di quantificare l’importanza relativa delle varie cause e dell’impatto del cambiamento, di individuare strategie rilevanti di mitigazione e strumenti politici e diffondere la conoscenza acquisita a una vasta gamma di soggetti interessati”.
Basandosi su dati raccolti in tutta Europa, gli autori del progetto hanno analizzato gli andamenti per 56 specie diverse di insetti, in base a tre scenari di cambiamenti climatici previsti tra il 2050 e il 2100. Gli esperti hanno così stimano che, se in relazione a cambiamenti climatici moderati solo per due specie si prevede l’estinzione da qui alla fine del secolo, in uno scenario di grandi stravolgimenti climatici ben 25 di esse risulterebbero seriamente in pericolo.
Per ciascuno dei casi, occorre quindi individuare strategie di mitigazione più o meno forti per preservare questo importante gruppo di animali. Queste politiche dovranno differire da regione a regione; lo studio mostra infatti che la perdita di specie attesa diminuisce al crescere della latitudine. Ciò implica che le regioni del sud dell’Europa saranno le più colpite.
Per limitare questo declino, si potrebbe quindi cercare da un lato di agevolare le migrazioni delle specie tenendo traccia dei loro spostamenti, dall’altro attuare una gestione studiata del paesaggio. L’aumento della qualità degli habitat per gli impollinatori potrebbe infatti aiutare queste specie nella colonizzazione di nuove aree. Gli autori dello studio suggeriscono anche l’idea della migrazione assistita, per evitare il problema di barriere naturali o di origine antropica. “Tuttavia, la fattibilità di questa strategia è ancora discutibile”, dichiarano i ricercatori dello STEP.
“Gli impollinatori europei devono affrontare molte sfide se vogliono continuare a sostenere la produzione alimentare e mantenere la diversità di fiori nei nostri paesaggi”, commenta Simon Potts, coordinatore di STEP. Come ricordano gli stessi ricercatori, infatti, la perdita di biodiversità ha impatto sia su scala locale che su scala globale e dovrebbe quindi essere una priorità assoluta per le politiche nazionali e internazionali.
BioRisk 10: 1-236. DOI: 10.3897/biorisk.10.4749
Credits immagine: Bob Peterson/Flickr CC
oltre ai più comuni citati altri stanno scomparendo ed anche velocemente per esempio i grilli. Si.. proprio loro i più comuni grilli sparsi tra colline e pianure sono ormai in forte declino . Costatazione oggettiva sull’andamento delle presenze in questi ultimi anni : mentre alcuni ambienti rimangono uguali gli insetti che lo occupano di anno in anno non ci sono più. Quindi non è la presenza di habitat a farli scomaprire ma evidentemente qualcosa che c’è nell’aria e che risulta determinante . Senza dati certi a sensazione è l’acidità delle piogge che le coperture chetinose sono incapaci di espellere o mtigare. ovvio ci sono pesticidi e altri inquinanti ma siccome localizzati diventa difficile spiegarne la dimensione