Dal 2004 il ritiro dei ghiacci cominciato durante il ventesimo secolo in tutto l’arcipelago artico canadese si è accelerato notevolmente, svelando ambienti e abitanti sconosciuti ai naturalisti, con sorprendenti capacità di rigenerazione. Nel valico di Sverdrup, infatti, al centro dell’isola Ellesmere, il rapido ritiro dei ghiacciai sta esponendo, per la prima volta dopo 400 anni, intere comunità ancora intatte di piante. Un team di ricercatori, guidato da Catherine La Farge della University of Alberta, si è occupato di classificare i vegetali scoperti dall’arretrare del ghiacciaio Teardrop e ha osservato la loro inaspettata ricrescita, sia in laboratorio che nell’ambiente naturale.
Gli autori dello studio, pubblicato su Pnas, hanno esaminato i vegetali ritrovati, appartenenti al gruppo delle briofite (bryophyta), un tipo di piante non vascolari simili al muschio che non producono fiori o semi, ma si riproducono asessualmente tramite spore. Per prima cosa gli scienziati sono risaliti al periodo di sepoltura tramite la datazione al radiocarbonio, e lo hanno collocato durante la Piccola Era Glaciale, una fase di brusco abbassamento della temperatura del nostro pianeta che va dall’inizio dell’inizio del 14° secolo alla metà del 19°.
Le briofite riesumate, addormentate a lungo sotto i ghiacci, hanno mostrato una eccezionale integrità strutturale e una grande ricchezza di specie. E nonostante parecchie di esse siano scolorite, alcune hanno sviluppato rami laterali o steli di colore verde, mostrando una vera e propria ricrescita ‘in diretta’, anche in esemplari emersi meno di un anno fa dai ghiacci.
Il passo successivo è stato quello di prelevare frammenti delle piante e coltivarle in laboratorio, per testare ulteriormente la loro capacità di rigenerazione. Gli autori hanno quindi cresciuto in vitro 11 colture di 7 diversi esemplari, simulando tramite delle lampadine fluorescenti un ciclo di 16 ore di giorno e 8 ore di notte, e mantenendo una temperatura costante di 15°C. I campioni venivano riposizionati ogni 30 giorni per ridurre gli effetti delle variazioni dell’intensità della luce, e venivano innaffiati regolarmente con acqua doppiamente distillata. I risultati ottenuti sono particolarmente significativi, in hanno mostrato l’inaspettata totipotenza di questo tipo di piante, assimilabile alla capacità di una singola cellula staminale di svilupparsi in un intero organismo.
La Farge spera che questo studio potrà stimolare l’interesse nei confronti delle briofite, non sono molto studiate dai botanici: “Credo che l’intero sistema biologico delle biofrite non sia stato compreso bene. Queste piante si adattano molto bene in ambienti estremi.” Ma la ricerca non si ferma qui: studiandone la rigenerazione, gli scienziati potranno capire meglio non solo come funzionano questi vegetali, ma anche come favorire lo sviluppo biologico in ambienti extraterrestri, magari su Marte.
Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1304199110
Credits immagine: Catherine La Farge