Un nuovo studio condotto dalla Yale School of Medicine evidenzia alterazioni strutturali e funzionali in specifiche aree del cervello di individui con dipendenze da oppioidi. Modifiche significative in aree cerebrali cruciali, come il talamo, il lobo temporale e il cervelletto, che potrebbero spiegare alcune difficolta cognitive e comportamentali associate alla dipendenza da oppioidi, suggerendo nuovi possibili approcci per contrastare l’uso improprio di queste sostanze. Un fenomeno particolarmente diffuso e paragonabile ad una vera e propria epidemia.
La crisi degli oppioidi
Nel 2021, circa 2,5 milioni di adulti negli Stati Uniti hanno ricevuto una diagnosi di disturbo da uso di oppioidi (OUD), una condizione contraddistinta dall’incapacità di controllarne l’uso e l’abuso nonostante le gravi conseguenze. I dati provvisori del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) rivelano che nel 2023 si sono registrati circa 81.083 decessi per overdose legati agli oppioidi. Numeri imponenti che, oltre a sollevare gravi preoccupazioni mediche e sociali, evidenziano la necessità di trovare approcci più efficaci per contrastare il fenomeno.
Negli Usa gli oppioidi sono più pericolosi degli incidenti d’auto
“È fondamentale comprendere meglio le alterazioni neurali a livello sistemico associate al disturbo da uso di oppioidi”, spiega Saloni Mehta del Dipartimento di Radiologia e Imaging Biomedico della Yale School of Medicine, tra gli autori dello studio pubblicato su Radiology. Indagare a fondo le basi cerebrali di questa dipendenza permetterà di sviluppare strategie terapeutiche più efficaci e inclusive, contribuendo a rispondere in modo più mirato e completo a questa complessa crisi sanitaria.
Gli effetti dell’abuso di oppioidi sul cervello
Utilizzando dati raccolti tra febbraio 2021 e maggio 2023 nell’ambito del progetto CLOUDS (Collaboration Linking Opioid Use Disorder and Sleep Study), finanziato dai National Institutes of Health, lo studio ha analizzato le immagini cerebrali di persone con OUD in trattamento con metadone confrontandole con un gruppo di controllo composto da individui sani. Le analisi includevano dati provenienti da risonanze magnetiche strutturali (MRI) e funzionali a riposo (fMRI), una tecnica che misura l’attività cerebrale osservando i cambiamenti nel flusso sanguigno mentre il cervello non è attivamente a lavoro. I partecipanti comprendevano 103 persone con OUD e 105 del gruppo di controllo per le immagini strutturali, mentre per le fMRI sono stati analizzati 74 soggetti con OUD e 100 controlli. Tutti i partecipanti con OUD erano in trattamento farmacologico da meno di 24 settimane.
Lo studio ha evidenziato cambiamenti significativi sia nella struttura sia nella funzionalità delle regioni ricche di recettori per gli oppioidi. Nei soggetti con disturbo da uso di oppioidi, il talamo e il lobo temporale destro sono risultati di dimensioni ridotte rispetto ai controlli, mentre il cervelletto e il tronco cerebrale, viceversa, sono apparsi più grandi. Sul piano funzionale, queste stesse regioni hanno mostrato una connettività aumentata, segno di alterazioni nelle reti cerebrali anche in condizioni di riposo.
Differenze di genere
Lo studio ha evidenziato che il disturbo da uso di oppioidi influenza il cervello in modo diverso negli uomini e nelle donne. Le donne con OUD hanno riportato un volume ridotto della corteccia prefrontale rispetto agli uomini dello stesso gruppo. Questa regione, che gioca un ruolo cruciale nella regolazione delle emozioni, nel processo decisionale e nel controllo degli impulsi, è anche strettamente legata a molteplici condizioni di salute mentale, come ansia, depressione e disturbi del controllo comportamentale.
Questi dati suggeriscono che le donne potrebbero essere più vulnerabili a specifiche conseguenze neuropsicologiche legate all’uso di oppioidi, differenziandosi così dagli uomini non solo nella manifestazione clinica del disturbo, ma anche nel modo in cui il cervello si adatta a tale condizione. “Abbiamo osservato modelli di alterazione distinti nella corteccia prefrontale tra uomini e donne con disturbo da uso di oppioidi,” ha spiegato la Dr.ssa Mehta, aggiungendo che queste differenze potrebbero fornire indizi preziosi per personalizzare le terapie.
I dati evidenziano la necessità di includere un numero equilibrato di uomini e donne negli studi neuroscientifici, per garantire trattamenti che siano efficaci per entrambi i sessi. Le differenze di genere, infatti, suggeriscono che gli approcci terapeutici debbano adattarsi alle diverse rispettive esigenze neurobiologiche e psicologiche di uomini e donne con disturbo da uso di oppioidi.
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