Così vogliono cambiare la Legge Basaglia

Sui media, la notizia è già passata come la norma che vuole riaprire i manicomi. Ma la storia della proposta di legge in materia di assistenza psichiatrica, presentata dal deputato PdL Carlo Ciccioli e approvata ieri dalla Commissione Affari Sociali della Camera (14 voti a favore e 12 contrari), è più complessa. Secondo il suo promotore, la proposta andrebbe a modificare e integrare la  legge 180 del 1978, la cosiddetta  Legge Basaglia, “nella direzione del sostegno alle famiglie dei pazienti, oggi abbandonate a se stesse”. L’opposizione (Pd e IdV), però, non è d’accordo e accusa il testo di  stravolgere completamente il senso del testo del 1978. 

La 180 infatti, come spiega  Peppe Dell’Acqua, ex direttore del  Dipartimento di salute mentale di Trieste e allievo dello stesso  Franco Basaglia, ha riconosciuto per la prima volta i diritti costituzionali dei pazienti psichiatrici, ponendoli sullo stesso piano di tutti gli altri cittadini. La distanza di questa nuova proposta dal testo di Basaglia è evidente, secondo il medico di Trieste, nella scelta di alcuni termini chiave. Per esempio, nell’articolo 4 della nuova proposta, il trattamento sanitario obbligatorio (tso) diventa trattamento sanitario necessario (tsn). “Due parole”, spiega Dell’Acqua, “abissalmente distanti una dall’altra. La prima riconosce l’esistenza del paziente e la sua dignità, in quanto si può ‘obbligare’ solo qualcuno che oppone un rifiuto a qualcosa. In questo senso, la parola obbligatorio contiene la costante negoziazione tra chi cura e chi viene curato. ‘Necessario’, invece, sottolinea la concezione del paziente come oggetto, lo confina nei limiti della pericolosità e dell’incurabilità della malattia. In quanto ‘necessario’, il trattamento non è più soggetto a contrattazione”. 

Il tsn, come spiegato nell’articolo 4 della proposta di Ciccioli, non prevede il consenso del paziente e ha una durata di quindici giorni, invece dei sette attualmente previsti per il tso. Il paziente può sottoporvisi in ospedale, in strutture messe a disposizione dalle amministrazioni locali o anche a casa, se le condizioni lo permettono. Al termine dei 15 giorni questo trattamento può essere prolungato dietro “proposta motivata del responsabile del servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC)”, ma non è specificato esattamente fino a quando. Si trasforma nel Trattamento sanitario necessario extraospedaliero, oggi non previsto dalla legge, regolato dall’articolo 5 del nuovo testo e la cui durata è di sei mesi, prolungabili a dodici a discrezione dello psichiatra. “E poiché la proposta di legge non specifica che il trattamento non è rinnovabile”, spiega ancora Dell’Acqua, “è possibile che possa essere rinnovato ancora di sei mesi in sei mesi”. Si può instaurare in questo modo un ciclo in cui il paziente è trattenuto indefinitamente. 

Certo, anche il trattamento obbligatorio può essere rinnovato, dietro richiesta del medico (che deve giustificare la richiesta di prolungamento), fino a quando il paziente non decide di dare il suo consenso e quindi di prendere parte attiva al percorso terapeutico. “Ma dare la possibilità di prolungarlo fino a un anno è una deresponsabilizzazione del medico. In questo modo il paziente non viene più controllato per sei mesi; si torna indietro a una vecchia idea di terapia psichiatrica”, spiega ancora Dell’Acqua.   

Altro punto critico, per lo psichiatra basagliano, è nell’articolo 10. Qui si legge che, nei casi in cui la convivenza con il paziente comporti rischi per la sua incolumità fisica o dei suoi familiari, questi deve essere trasferito in una residenza idonea messa a disposizione della Regione/provincia autonoma. Un provvedimento – continua Dell’Acqua, dettato probabilmente dalla pressione esercitata sulle amministrazioni dalle strutture sanitarie private. “Così, infatti, esse possono contare sull’acquisto di un posto letto per almeno sei mesi – un anno, cosa che oggi non avviene”. 

Non c’è dunque bisogno di rimettere mano alla legge Basaglia, che è invece presa a modello in tutta Europa, sostiene lo psichiatra. In Italia strutture ospedaliere e Centri per la salute mentale sono sparsi in tutto il territorio e, attraverso programmi semplici e dai costi contenuti, hanno riportato nel corso degli anni ottimi risultati. Il vero problema, semmai, riguarda le differenze di offerta tra le varie Regioni. “Questo è il nodo cruciale che andrebbe affrontato per migliorare le situazioni dei pazienti, delle famiglie e degli operatori sanitari”, conclude Dell’Acqua. 

Ora la proposta dovrà passare il vaglio prima della Camera e poi del Senato, fatte salve le eventuali modifiche. Solo allora potrà finire sulla scrivania del Presidente della Repubblica per la promulgazione. Un iter ancora lungo e che lascia spazio agli emendamenti.

via wired.it

1 commento

  1. Teoricamente la legge Basaglia non sarebbe stata completamente sbagliata, andava tra l’altro a sanare una situazione manicomiale veramente indegna, ma, come sempre in italia, nell’applicazione della legge si sono trascurate le “condizioni al contorno”: la totalità o quasi di chi stava in manicomio e che è stato “liberato” non ha smesso di avere bisogno di assistenza con l’uscita dal manicomio, più che di un riconoscimento di diritti si è trattato di un disconoscimento di bisogni, le famiglie (quando c’erano) non erano e non sono state nè preparate nè aiutate… loro non avevano diritto ad una vita oltre la “presa in cura” totalizzante a certi malati? Direi che le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, la legge Basaglia non fa eccezione direi anzi che è paradigmatica! Un po’ meno ipocrisia in questo come in tutti i campi farebbe un gran bene all’italia.

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