Maggio 2020. Sono passati soltanto pochi mesi da quando Richard Horton, relegato a Londra in quarantena a causa delle misure di sicurezza anti Covid-19, ha scritto questo breve commento sulla diffusione della pandemia e sulle misure politiche e sanitarie messe in atto dai diversi paesi. Da allora molti aspetti della situazione sono cambiati e stanno velocemente cambiando, alcune considerazioni fanno ormai parte di un passato. Ma molte altre sono assolutamente attuali.
Horton è il direttore della rivista medica The Lancet che, fin dall’inizio della pandemia, ha funzionato come canale di comunicazione tra le istituzioni politiche e gli scienziati che operavano sul campo, pubblicando importanti articoli sugli sviluppi e le caratteristiche della infezione virale. Dopo la breve pausa estiva concessa dalla pandemia, ora forse i governi riescono ad affrontare meglio alcuni aspetti della “catastrofe umanitaria” che ha sconvolto modi di vivere che sembravano immutabili, e modi di morire che ci hanno colpito per la loro crudezza e che hanno devastato i più fragili. Il Covid-19, infatti, ha colpito in modo preponderante i più poveri, i meno abbienti, i più cagionevoli, comunità di immigrati e minoranze etniche: si tratta di una malattia caratterizzata da un forte gradiente sociale. Nel Regno Unito, ma non solo, chi viveva nelle case di cura, i senza tetto, i detenuti o chi soffriva di gravi disturbi mentali sono stati tassativamente esclusi dall’attenzione delle strutture sanitarie.
Richard Horton
Covid-19 La catastrofe. Cosa non ha funzionato e come evitare che si ripeta.
Il Pensiero Scientifico Editore
Pp. 104, € 15.00
Covid-19, troppe informazioni e poca preparazione
L’impreparazione dei governi è stata notevole, commenta Horton, e le linee guida diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno aiutato molti Stati a prendere provvedimenti appropriati. L’OMS ha un ruolo vitale e raccoglie i migliori scienziati del mondo, ma spesso ha dovuto lottare contro “indecenti pressioni politiche” che richiedevano di mantenere la loro credibilità e, soprattutto, contro una infodemia, un eccesso di informazioni che rendeva via via più difficile scegliere quelle adeguate ed affidabili. Circolavano infatti notizie contrastanti sulla causa originaria della malattia e sulle modalità di trasmissione del virus, fino a negarne la stessa esistenza; venivano di volta in volta suggerite presunte cure efficaci e venivano volutamente divulgate informazioni che accrescevano la confusione all’interno della comunità scientifica e che l’OMS stessa non era in grado di controllare. La scienza cinese si è dimostrata all’avanguardia nella diffusione di informazioni corrette, ma i diversi governi non hanno capito, o hanno capito ciascuno a proprio modo e secondo una loro convenienza, la gravità della minaccia e la necessità di misure precauzionali.
L’isolamento, il lockdown, il distanziamento sociale, l’uso delle mascherine, sono state consigliati, imposti, suggeriti o attuati in modi diversi nei diversi paesi, e soprattutto con scansioni temporali molto differenti. Intanto, fin dal febbraio 2020, si cercava “sperimentalmente” di curare i pazienti Covid-19 in strutture sanitarie impreparate e inadeguate, con supporti carenti o improvvisati, in situazioni estremamente fragili e rischiose per gli stessi operatori sanitari.
Negli Stati Uniti, mentre crollava l’economia e insorgevano rivolte per l’imposizione delle varie misure di sicurezza, il Presidente Trump si scagliava contro la Cina e contro l’OMS, nel Regno Unito non veniva presa alcuna misura fino al marzo 2020, minimizzando i rischi e mentendo ai cittadini, nonostante le avvertenze di esperti scienziati con diverse competenze. Horton commenta questi dati senza sorprendersi: “Ignoriamo quelle informazioni che non confermano la nostra visione del mondo”; e talvolta la collusione di ricercatori e politici ha cercato di proteggere i Governi facendo credere che venivano prese le decisioni giuste al momento giusto. In particolare, Horton commenta “l’arroganza della eccezionalità” che rappresenta a suo dire una peculiarità britannica.
Cosa serve per evitare che la storia di Covid-19 si ripeta
Cosa tornerà come prima? Come ripensare alla riorganizzazione strutturale della nostra società? Secondo Horton, offrire un Servizio Sanitario significa impegnarsi ad agire secondo valori di reciprocità, sviluppando solidarietà nei confronti del prossimo, pronti a sostenere anche materialmente e personalmente le istituzioni per migliorare la vita personale insieme a quella degli altri. Significa credere nell’interdipendenza e nella responsabilità collettiva perché da questa dipende la sicurezza individuale. Un sistema sanitario efficace è un mezzo di difesa più importante di un forte sistema militare, e offre maggiori garanzie a noi e alle istituzioni sociali a cui chiediamo protezione.
Cosa sarà necessario cambiare? I fallimenti sono stati molti, generati da cause differenti che possono ora essere analizzate con maggiore consapevolezza. Per esempio, rendendosi conto che il compito della politica è anche quello di esaminare valutare e mettere in discussione le informazioni. Gli scienziati danno pareri, ma i ministri devono prendere le decisioni adatte a combattere epidemia e infodemia, attenti alla comunicazione, attenti alle richieste alla popolazione (spesso imposizioni di comportamenti) che troppo spesso sono state formulate in maniera confusa, contraddittoria o fuorviante. Bisogna ripensare al valore che la nostra società attribuisce a ogni vita umana, perché viviamo sia in una economia morale che si occupa di produrre, diffondere e contestare valori etici sia in una economia di mercato che si occupa di produrre, diffondere e contestare valori economici. Didier Fassin, studioso di medicina a Parigi, ritiene necessario sviluppare una “biolegittimità”, una etica del vivere che identifichi e legittimi i tanti modi di vivere nel mondo, compresi quelli vulnerabili e precari. Secondo Fassin, infatti, la vita fisica è legittima mentre la vita politica non lo è. Invece, il governo delle popolazioni e le azioni dei regimi politici influenzano in modo diverso le vite umane, e sostanzialmente rafforzano le disuguaglianze sulla vita biologica. A partire da queste considerazioni, Horton ritiene necessario contrastare la biologicizzazione della Covid-19 e insistere invece su una critica sociale e politica della situazione attuale, valorizzando le storie di chi è morto per il virus, e di quelli la cui morte è stata delegittimata da una politica che non si è occupata del loro diritto alla vita.
Per il futuro serve anche una buona dose di “pessimismo”
L’ultimo capitolo di questo libro discute i limiti alla libertà individuale e pone domande su come affrontare i problemi generati dallo stesso modo di vivere dell’uomo. I pericoli del contagio, infatti, non dipendono solo dal nuovo virus ma sono insiti nei sistemi creati dalla nostra civiltà che si confronta con se stessa e col suo stesso modo di affrontare i rischi. L’origine e la diffusione della pandemia non derivano tanto da mancanza di conoscenze quanto dal sistema di norme e vincoli stabiliti con l’era industriale che impongono contatti e commerci e condizionano la nostra vita. Per esempio, come valutare i passaporti di immunità? Cosa limitano e in cosa sono efficaci? Nella società biopolitica, come conciliare la necessità di maggiori controlli e la richiesta di libertà per cui si è tanto lottato? Controlli o privacy? Come chiedere ai governi la massima trasparenza sulle strategie da attuare e sulle decisioni già prese? Mentre la ricerca scientifica sta cercando di chiarire altri aspetti della pandemia e la politica propone altre difese sanitarie, Horton conclude notando che nell’epoca del lockdown sono notevolmente aumentate le violenze domestiche e gli abusi sui minori, mentre un ulteriore blocco dei sistemi e dei servizi sanitari potrebbe provocare un considerevole aumento dei decessi di bambini sotto i cinque anni e delle morti per parto. L’ultimo invito quindi è all’autocritica, al confronto di opinioni e, soprattutto, a modificare l’approccio mentale che tende ad elogiare gli ottimisti e a discriminare i pessimisti. L’ottimismo può mascherare i pericoli reali, sovrastimare le probabilità che nella vita accadano cose positive: un appello ad un maggior pessimismo nei nostri rapporti col mondo potrebbe aiutarci a valutare meglio la situazione attuale e, forse, a contrastare più efficacemente una prossima pandemia.
Credits immagine di copertina: Michael Marais on Unsplash