Così simili, così diversi. Covid-19 e influenza si somigliano sì, ma da subito è stato chiaro che l’infezione da Sars-Cov-2 non fosse solo un’influenza (già di per sé da non sottovalutare). Ma è innegabile che punti di incontro ci siano: entrambe malattie virali, entrambe respiratorie, possono soprattutto portare a sintomi simili. Motivo per cui, ormai alla vigilia di ottobre, quest’anno il consiglio di vaccinarsi contro l’influenza è più forte del solito. Potrebbe aiutare la diagnosi e sgravare, almeno un po’, le strutture sanitarie dal peso che ogni anno devono affrontare a causa dell’influenza. Il ruolo del vaccino nella diagnosi differenziale trova supporto proprio nel fatto che molti dei sintomi sono simili tra le due condizioni. E se è vero, che per l’una e l’altra oggi l’ultima parola non può che spettare al tampone, alcune differenze esistono, sebbene interpretarne il significato a fini diagnostici resta competenza dei medici.
Influenza, Covid-19 e raffreddori
Febbre, tosse secca e stanchezza. Secondo quanto riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono questi i sintomi più comuni dell’infezione da coronavirus. Ma possono presentarsi anche brividi, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, diarrea, congestione nasale, vomito, diarrea. Tutti gli stessi sintomi però sono comuni anche in caso di influenza. Più tipici, ma certamente non esclusivi, di Covid-19 sono la perdita di gusto e olfatto, respiro corto e difficoltà nella respirazione, ma alle infezioni da coronavirus sono state associate la congiuntivite e alcuni manifestazioni cutanee, come la comparsa di rush e geloni.
Nel caso del raffreddore la sintomatologia si limita in genere a naso e gola, con mal di gola appunto, naso congestionato, tosse, perdita di sensibilità nel percepire sapori e odori, starnuti. Rispetto all’influenza, però, i sintomi sono meno forti e tendono ad avere una comparsa graduale, e non così rapida come per i virus influenzali.
La comparsa dei sintomi
Questi sintomi tendono ad apparire gradualmente, e sebbene siano praticamente sovrapponibili a quelli dell‘influenza, alcuni ricercatori hanno cercato di capire se esistano delle caratteristiche anche nella loro comparsa, che possano magari essere in parte d’aiuto nell’identificare casi sospetti. Lo scorso mese, in proposito, uno studio mostrava per esempio che era possibile identificare un ordine più frequente nella comparsa dei sintomi da Covid-19, che vede in successione febbre, tosse, dolori muscolari, nausea, vomito e diarrea. Di contro, non di rado nell’influenza è la tosse a comparire per prima.
Coronavirus o raffreddore? Differenze nella perdita dell’olfatto e nella comparsa dei sintomi
Ma più in generale, concordano gli americani Cdc e l’Oms, la comparsa dei sintomi da Covid-19 è diversa da quella dell’influenza in termini di tempistiche assolute. Ovvero: le infezioni da Sars-Cov-2 possono avere tempi di incubazione più lunghi di quelli dell’influenza. Anche in questo caso in generale, s’intende. Se infatti il tempo medio di comparsa dei sintomi dall’infezione con un virus influenzale va da un giorno a 4 giorni, per Sars-Cov-2 si parla in media di cinque giorni, anche se la finestra può allargarsi da 2 a 14 giorni.
Raffreddore, influenza o Covid-19?
Con l’inizio della prossima stagione influenzale, la circolazione dei virus parainfluenzali, e mentre siamo ancora in piena pandemia da Covid-19, capire, almeno in un primo momento alla comparsa dei sintomi a cosa siano riferibili non è semplice. Ma si tratta di un compito pur sempre relegato alla classe medica, ribadisce a Wired Rocco Russo, pediatra responsabile del tavolo tecnico sulle vaccinazioni della Società italiana di pediatria: “Con l’apertura delle scuole sappiamo che ci troveremo a vivere l’emergenza pandemica in un periodo invernale in cui ci sarà una maggiore circolazione di altre forme virali, in ogni caso anche noi pediatri operanti sul territorio nazionale abbiamo a disposizione una serie di specifiche raccomandazioni ministeriali, che a seguito di opportune segnalazioni da parte dei genitori ci permetteranno di mettere in atto tutte le procedure per la gestione del bambino con sintomatologia sospetta Covid-19”. Quello cui Russo si riferisce è il fatto che inevitabilmente i genitori riporteranno sintomatologie riferibili a raffreddori, influenze e Covid-19, ma che la sola presenza dei sintomi non può essere, ogni volta, fonte di allarme: “Il genitore deve intercettare questi sintomi e riferirli al pediatra, al quale spetta il compito di filtrare le informazioni disponibili e capire se trattare il bambino come caso sospetto o no”.
E farlo, continua il medico, significa prima di tutto tenere in considerazione che le malattie infettive possono presentarsi in maniera aspecifica rispetto alla sintomatologia classica e che la sintomatologia si diversifica da soggetto a soggetto. “Sappiamo che, nel caso di Covid-19, l’elemento più frequente è la febbre, insieme a interessamento delle vie aree con tosse e mal di gola – riprende Russo – e che in genere le manifestazioni cliniche sono più sfumate che nell’adulto. E anche se per esempio sintomi gastrointestinali come la diarrea nei bambini appaiono leggermente più frequenti rispetto all’influenza non è possibile identificare solo sulla base dei sintomi le diverse condizioni”. Anche perché, continua l’esperto, i virus influenzali cambiano di anno in anno e di volta in volta può cambiare anche l’interessamento ai diversi distretti del corpo e dunque le manifestazioni, come quelle gastrointestinali appunto.
Test rapidi per Covid-19, molecolari, antigenici, salivari: come orientarsi
“Ancora oggi il primo elemento fondamentale nel sospettare un caso da Covid-19 è il contatto con un positivo”, rimarca Russo ricordando il ruolo imprescindibile delle misure di prevenzione raccomandate contro la diffusione del virus Sars-Cov-2: “Uso di mascherine, distanziamento personale e il lavaggio frequente delle mani, risultano essere validi interventi preventivi non solo contro il Sars-Cov-2 ma anche contro la diffusione di altri virus, compresi quelli dell’influenza, per alcuni dei quali abbiamo la possibilità di avere a disposizione anche uno specifico vaccino”, conclude il pediatra, “ma non bisogna dimenticare i comportamenti: mandare un bambino a scuola con il naso che cola era sbagliato prima e lo è anche oggi”.
Via: Wired.it
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