Se la caccia a forme di vita extraterrestri con Curiosity su Marte non fosse già abbastanza appassionante, a renderla ancora più intrigante arrivano le dichiarazioni di Craig Venter, il pioniere della vita artificiale. L’uomo che nel 2010 stupì la comunità scientifica con la creazione della prima cellula controllata da un genoma sintetico, e che ancor prima aveva sfidato lo Human Genome Project nella corsa al sequenziamento del Dna umano. E che adesso rilancia, sfoderando il progetto di spedire su Marte una macchina capace di analizzarvi il materiale genomico presente. Perché, sulla sua esistenza, Venter sembrerebbe praticamente certo. Lo ha fatto sapere lui stesso alla Wired Health Conference di New York.
In sintesi il progetto sembrerebbe abbastanza semplice, o quanto meno non fuori portata, considerati i protagonisti e il successo della missione Curiosity, che ha mostrato come ormai la tecnologia per spedire un rover e strumenti analitici su un altro pianeta sia pronta.
Venter, stando a quanto riporta Technology Review, vorrebbe spedire su Marte un sequenziatore di materiale genomico, capace di lavorare in remoto in autonomia, prelevando e preparando campioni per l’analisi del Dna, e di spedire i risultati sulla Terra (e magari, come scrive New Scientist, usare gli stessi dati per ricreare forme di vita aliena sul nostro pianeta). Ma il problema, più che la tecnologia, è la materia di studio: esiste o è esistita la vita su Marte? Si tratta di forme di vita basate sugli stessi mattoni usati sulla Terra, come il Dna? E anche ammesso che la risposta sia sì in tutti i casi, può il Dna essersi mantenuto nelle condizioni ambientali del pianeta rosso?
Insomma, far sì che si verifichino tutte le condizioni ideali per un successo della spedizione non è semplice, ma Venter non sembrerebbe intenzionato a perdersi la corsa alla caccia di forme di vita marziane. Né tanto meno a esserne solo uno spettatore, anche se la sfida si presenta addirittura più ardua di quelle di cui è stato già protagonista.
Per funzionare, il sequenziatore di Venter – il cui team avrebbe già cominciato dei test nel Mojave Desert in California, un luogo con condizioni simili a quelle marziane – dovrebbe trovare su Marte Dna di forme di vita attuali o estinte da poco. Infatti anche il Dna, ammesso che si esistito e che costituisca il bagaglio di informazioni dei marziani, non è immortale.
Uno studio da poco pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B mostra infatti che il Dna ha un’emivita di 520 anni circa, e che, anche conservato in condizioni ottimali, smette di essere leggibile (e quindi sequenziabile) dopo 1,5 milioni di anni. Gli stessi autori suggeriscono che sì, le condizioni marziane (luogo apparentemente secco e senza acqua in superficie, attualmente) potrebbero aver favorito il preservarsi del Dna, ma che su Marte l’elevata quantità di radiazioni avrebbe danneggiato lo stesso materiale genetico. Senza contare che perché si mantenga leggibile, oltre alle condizioni ideali sarebbero serviti anche contenitori ideali, quali ossa o denti, materiale che lo avrebbe messo al riparo, e che, almeno al momento, sembrerebbe scarseggiare su Marte.
Ma Venter non sembra scoraggiato: più che in superficie la vita marziana potrebbe trovarsi nel sottosuolo, nelle profondità, e che più che in passato la vita potrebbe esistere ora sul pianeta. O al limite essersi estinta da poco. Questo escluderebbe quindi il problema della preservazione del materiale genetico. Presupposto di partenza anche per i concorrenti di Venter nella caccia di forme di vita aliene.
Jonathan Rothberg, fondatore dell’azienda di analisi di Dna Ion Torrent, in collaborazione con il Mit, starebbe infatti realizzando un sequenziatore (Setg, Search for Extraterrestrial Genomes) adatto a essere spedito su Marte. In questo caso infatti, racconta Christopher Carr del Mit, uno dei ricercatori coinvolti nel progetto, lo sforzo è quello di ridurre una macchina per sequenziare Dna o Rna dal peso di 30 Kg agli appena 3Kg necessari alla strumentazione per essere alloggiata su un rover diretto verso Marte. Anche se non è detto che la Nasa scelga di caricare sulle prossime spedizioni al pianeta rosso l’apparato in questione.
“Una missione ad altro rischio e ad alto profitto”, come Carr ha battezzato l’idea di un sequenziatore di Dna, ma che se riuscisse nell’intento potrebbe segnare una pietra miliare nella storia della scienza. Marziana e terrestre, visto che non è escluso che se la vita è presente sul pianeta, o lo è stata in passato, non sia arrivata sulla Terra da qui. O da un altro luogo ancora.
Via: Wired.it
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