Proteine nuove di zecca. Artificiali e inedite. Che, almeno in laboratorio, sembrano funzionare quasi come quelle che si trovano in natura. A infilare uno dopo l’altro gli aminoacidi, inventando nuove sequenze, sono stati i ricercatori della Princeton University (New Jersey, Usa).
Negli organismi viventi, le proteine vengono formate in particolari organuli cellulari chiamati ribosomi. L’informazione necessaria a fabbricarle è scritta nel dna che si trova all’interno del nucleo. Il dna viene infatti trascritto da un rna messaggero, che esce dal nucleo e trasporta l’informazione ai ribosomi. Qui il codice viene letto e, a ogni breve tratto di tre lettere, viene associato un aminoacido. Una proteina è formata da almeno un centinaio di aminoacidi.
In uno studio su PloS One (che probabilmente attirerà molta attenzione e qualche critica da parte di chi considera queste ricerche una sorta di “gioco a fare Dio”), Michael Hecht, docente di chimica presso l’ateneo statunitense, ha creato per la prima volta delle proteine funzionanti, ma completamente diverse da quelle che permettono agli organismi terrestri di vivere e riprodursi. Per chi si occupa di biologia sintetica, si tratta di un passo enorme.
Per raggiungere lo scopo, gli studiosi hanno inventato ex novo delle sequenze di dna non note in natura. Hanno creato in questo modo circa un milione di proteine in grado di ripiegarsi su loro stesse per formare le classiche strutture 3D. Dall’ampio database, Hecht ha poi selezionato alcune di queste molecole e le ha inserite in 27 ceppi di E. coli in cui aveva precedentemente silenziato dei geni (circa lo 0,1% di quelli necessari alla sopravvivenza). Sorprendentemente, i microrganismi sono riusciti a crescere usando queste nuove, strane, macchine molecolari. In particolare, le proteine hanno vicariato quattro geni indispensabili alla vita, silenziati contemporaneamente.
Posti in condizioni di stress ambientale, i batteri del campione controllo, privati dei geni e senza le nuove proteine, è morto, mentre gli altri hanno formato colonie. Un risultato ancora più strabiliante se si pensa che le sequenze introdotte non somigliano neanche un po’ a quelle naturali.
Lo scorso anno, Craig Venter aveva creato il primo batterio sintetico (vedi Galileo); i suoi detrattori fanno notare che lo scienziato ha “semplicemente” ricreato un genoma già noto. Ma se i risultati ottenuti a Princenton verranno confermati, è probabile che il prossimo batterio artificiale sarà qualcosa di completamente diverso da tutto ciò che conosciamo.
Riferimento: doi:10.1371/journal.pone.0015364
Fonte: Wired.it