Bisogna agire, e bisogna farlo subito. Non ha usato mezzi termini il direttore regionale dell’OMS per il distretto Europa, Hans Henri P. Klinge, discutendo di crisi climatica, ambiente e salute alla settima conferenza ministeriale, a Budapest dal 5 al 7 luglio, indetta dopo la pubblicazione del sesto report 2023 (AR6) sul cambiamento climatico dell’IPCC, l’International Panel on Climate Change delle Nazioni Unite.
I dati OMS su crisi climatica e inquinamento
“In Europa – ha detto infatti Kluge – si stimano 1,4 milioni di morti l’anno per fattori di rischio ambientale, e in particolare per la contaminazione dell’aria. La scorsa estate le temperature elevate hanno provocato circa 20.000 vittime. 77 milioni di persone sono ancora senza accesso ad acqua potabile”. Senza contare i 570.000 decessi per inquinamento atmosferico e i 150.000 morti per inquinamento domestico, in regioni come Europa e Asia Centrale, osservati nel 2019. Ma la strada per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile entro il 2030 è lunga. E, aggiunge Kluge, ci stiamo muovendo troppo lentamente. Il riferimento è agli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati per il 2030, 17 aspetti critici globali da risolvere per assicurare la fine della povertà, la protezione del pianeta, pace e prosperità, con un’attenzione particolare ai cambiamenti climatici. Obiettivi che sembrano sempre più lontani.
Un’inversione di tendenza, infatti, sembra di là da venire. Secondo gli esperti, l’incremento della temperatura superficiale terrestre è stato di di 1,1°C nel periodo 2011-2020, fenomeno ascrivibile (in forma “estremamente plausibile”) all’intervento umano: la causa principale sarebbe legata alle emissioni di gas serra, provocate dall’uso poco sostenibile dell’energia e del territorio, dagli stili di vita, dai livelli di produzione e consumo di oggetti e materie prime, seppure con disparità sulla produzione di gas serra a livello regionale.
Secondo il Report Ipcc, le attuali politiche di adattamento e mitigazione non sono sufficienti, tanto che entro il 2040 l’aumento medio delle temperature potrebbe toccare gli 1.5°C. Ogni regione attraverserà diverse tipologie di cambiamenti, continuano i ricercatori dell’IPCC, con conseguenze di lungo periodo. I livelli del mare saliranno e i cambiamenti saranno irreversibili, e continueranno per centinaia di anni in funzione dei tassi di emissione futuri. A preoccupare è soprattutto l’aumento delle temperature oceaniche, che contribuisce per il 91% al surriscaldamento globale.
Trasformare le parole in azioni
Ciononostante, continua Kluge. “prevenire oltre un milione morti l’anno a causa di fattori di rischio ambientale è alla nostra portata, sappiamo cosa fare e ora è il momento di trasformare le parole in azioni”. A queste dichiarazioni è seguita la firma, da parte degli Stati membri, della “dichiarazione di Budapest”, e con l’adozione di una roadmap a scadenza 2030 dove il clima non è l’unica emergenza da contrastare: tra i temi centrali, anche quello dell’inquinamento ambientale, della perdita di biodiversità, della degradazione del territorio. Un primo passo, assicurano, per migliore coordinamento tra paesi e imprese, e l’obiettivo di valorizzare la lezione della pandemia di Covid-19: prevenire, monitorare, rispondere tempestivamente.
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