Da qualche anno a questa parte, le notizie sulle crisi finanziarie internazionali e sui meccanismi che le hanno favorite occupano un ampio spazio su quotidiani e riviste non specializzate. Purtroppo la maggioranza dei giornalisti e degli esperti scrive dando per scontata la familiarità con una serie di termini tecnici (come per esempio “cartolarizzazione” e “derivato tossico”) e di sigle (come CDO e CDS). La conseguenza è che il profano si trova in difficoltà e spesso rinuncia a seguire ragionamenti che lo porterebbero invece a farsi un’idea della situazione finanziaria in cui, in un modo o nell’altro, è coinvolto.
Questo articolo, che sarà il primo di una serie di contributi dedicati alla crisi finanziaria attuale, spiega cosa siano i credit default swap (CDS). Per l’esposizione di alcuni concetti, ho attinto dall’ottimo blog baselinescenario.com, gestito da tre economisti, che si sono proposti, tra altre cose, di spiegare ai non addetti ai lavori i principali termini del gergo finanziario. Nel prossimo numero (di Sapere, ndr), ci occuperemo di cartolarizzione e collaterized debt obligation (CDO) e inizieremo a mettere in luce il ruolo cruciale che CDS e CDO hanno avuto nella crisi dei mercati finanziari del 2008.
Obbligazioni
L’obbligazione è uno strumento tramite cui le imprese raccolgono fondi. Supponiamo che un’impresa emetta un’obbligazione con un valore nominale di 100 euro e una cedola del 5%. Chi acquista l’obbligazione riceve 5 euro all’anno finché, alla scadenza, non gli viene restituita la somma di 100 euro, pari al valore nominale.
La rendita effettiva di questo tipo di investimento dipende dal prezzo a cui l’obbligazione è stata acquistata, che oscilla intorno al valore nominale.
Questo prezzo è determinato dalle garanzie che dà l’impresa che ha emesso l’obbligazione; dal confronto con gli interessi che possono essere ottenuti da obbligazioni simili disponibili sul mercato. L’acquisto di un’obbligazione è soggetto a due tipi di rischio: il rischio di default e il rischio sui tassi di interesse. Il rischio di default è il rischio che l’impresa che ha emesso l’obbligazione vada in bancarotta e non sia in grado di rimborsare il capitale investito. Il rischio sui tassi di interesse è legato alla possibilità che questi crescano e che quindi il valore dell’obbligazione diminuisca, in quanto la cedola non dipende dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, ma è fissa (nell’esempio visto prima, la cedola continua ad essere del 5%).
Credit Default Swap
Un credit default swap (CDS) è una forma di assicurazione associata ad una determinata obbligazione, che ha lo scopo di proteggere contro il rischio di default. Il termine inglese swap, che si può tradurre con scambio, sta ad indicare che il rischio di default viene trasferito a un terzo attore, che svolge la funzione di assicuratore.
Il possessore dell’obbligazione paga un premio annuale all’assicuratore, in cambio del quale questi promette di pagare il valore nominale dell’obbligazione, nel caso in cui chi l’ha emessa vada in bancarotta e non possa quindi pagare. Nel momento in cui viene sottoscritto un CDS, il valore atteso dei pagamenti del premio assicurativo (una piccola quantità ogni anno) corrisponde al valore atteso del pagamento da parte dell’assicuratore (una grossa quantità che deve essere versata con bassa probabilità, ossia solo nel caso in cui chi ha emesso l’obbligazione vada in bancarotta).
A prima vista, tutto sembra semplice e ragionevole. Tuttavia, stando a quanto si è potuto leggere sulla stampa dal 2008 a oggi, i CDS hanno favorito crolli finanziari e generato ondate di panico. Com’è possibile? Dove sta l’inghippo? Cerchiamo di rispondere a queste domande.
Da quanto abbiamo visto fin qui, il parallelismo tra i CDS e le usuali forme assicurative sembra reggere. Così come il proprietario di una casa può decidere di comprare un’assicurazione per tutelarsi contro la (bassa) probabilità che un incendio la distrugga, allo stesso modo il possessore di un’obbligazione può tutelarsi contro la probabilità che chi l’ha emessa vada in bancarotta acquistando un CDS.
Il punto cruciale sta nel fatto che l’acquisto di un CDS non è condizionato dal possesso dell’obbligazione in questione! In altre parole, per comprare un CDS non è necessario essere in possesso della relativa obbligazione. Per dirla in gergo, i CDS sono contratti derivati over-the-counter, il che significa che vengono negoziati individualmente tra il compratore e il venditore (quello che abbiamo chiamato assicuratore). Riprendendo l’analogia precedente, è come se fosse possibile stipulare una polizza assicurativa contro l’incendio della casa del vicino (o di uno sconosciuto): se la casa prende fuoco, non ho nulla da perdere e tutto da guadagnare!
Questi titoli, che sono nati per proteggere chi possiede le relative obbligazioni, si prestano dunque a essere utilizzati in un’ottica puramente speculativa e sono così diventati uno strumento per scommettere “contro” una determinata azienda, puntando cioè sulla probabilità che questa vada in bancarotta.
Cerchiamo di chiarire questo concetto con un esempio. Se un operatore finanziario ritiene che le probabilità
che una certa impresa A vada in bancarotta siano maggiori rispetto a quanto credono gli altri, allora trova
conveniente acquistare un CDS su un’obbligazione emessa dall’impresa A. Supponiamo che, qualche tempo
dopo, anche molti altri operatori intuiscano che l’azienda A si trova in difficoltà. Se questo accade su scala sufficientemente ampia, allora il prezzo dei CDS sulle obbligazioni emesse da A non potrà che salire.
L’operatore che li ha comprati in precedenza a un prezzo più basso può trarne un profitto (senza rischio) procedendo in uno dei due modi seguenti: vendere i propri CDS al prezzo corrente, ottenendo un guadagno immediato; vendere un nuovo CDS ad un prezzo più alto, conservando anche il vecchio contratto.
A causa della seconda possibilità, i CDS tendono a moltiplicarsi. Stime fatte negli Stati Uniti suggeriscono il seguente scenario: nel 2008 il valore nominale complessivo delle obbligazioni su cui sono stati stipulati CDS si sarebbe aggirato intorno ai 60 trilioni di dollari! Un altro aspetto che differenzia le tradizionali forme assicurative dai CDS è che questi non sono regolamentati: le banche hanno la libertà di venderne senza restrizioni e di investire e re-investire i relativi ricavi a proprio piacimento!
Al contrario, le compagnie di assicurazioni devono mantenere specificati livelli di capitale, sulla base della quantità di assicurazioni vendute e i loro investimenti devono soddisfare vincoli piuttosto stringenti.
I CDS hanno l’effetto di distribuire il rischio, il che è di per se un fatto positivo, ma purtroppo anche di spargerlo in modi che sono difficilmente predicibili, distribuendo così anche l’incertezza e creando quelle opportunità speculative che hanno generato l’attuale sfiducia nei confronti del settore finanziario. In particolare, creano incentivi che sono a dir poco problematici, consentendo di trarre profitti dalla bancarotta di un’azienda, dal crollo del mercato immobiliare, o addirittura dal fallimento di uno Stato.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Aprile 2013 di Sapere. Ecco come acquistare una copia della rivista o abbonarsi on line.
Credits immagine: Scorpions and Centaurs/Flickr