La chiamano chirurgia genomica, perché consiste nel rimuovere il gene difettoso all’interno di una cellula e sostituirlo con il gene normalmente funzionante. Ora per la prima volta un gruppo di ricerca della Columbia University, guidati da Stephen H. Tsang, ha applicato con successo sul modello animale queste tecniche di editing genetico (CRISPR) a una malattia genetica rara, la retinite pigmentosa, che colpisce la retina e può portare anche alla cecità. Il successo della sperimentazione fa ben sperare anche per la cura di altre malattie rare, come il morbo di Huntington, la sindrome di Marfan e le distrofie corneali. Lo studio è stato pubblicato su Ophthalmology, la rivista dell’American Academy of Opthalmology.
La retinite pigmentosa costituisce un gruppo di malattie genetiche rare, causate da oltre 70 geni, che colpisce circa 1 persona su 4000. Si sviluppa con la progressiva perdita di cellule della retina. L’esordio è in età infantile, la progressione è lenta, con compromissione della visione periferica e della visione notturna. In molti casi porta a cecità completa entro i 40 anni. Attualmente non esiste trattamento medico in grado di curare completamente la patologia.
Dalla sua introduzione nel 2012, la tecnologia CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), ha rivoluzionato le possibilità degli scienziati di modificare il DNA. In particolare, le malattie autosomiche dominanti, cui appartiene anche la retinite pigmentosa,rappresentano una sfida particolare per gli studiosi. Queste malattie sono causate da una mutazione presente soltanto su una delle due copie di un gene (quella materna o quella paterna): in pratica, il soggetto eredita dai propri genitori una coppia di cromosomi dove si trovano un gene mutato e un gene normale. La sfida per gli scienziati è usare le tecniche di editing genetico per modificare solo la copia che presenta la mutazione, senza danneggiare la copia sana. Al contrario, sono mutanti, per cui il trattamento di sostituzione di geni è più semplice e l’industria sta già sviluppando terapie geniche per le forme recessive di retinite pigmentosa.
Il metodo messo a punto da Tsang e del suo team ha permesso di sostituire il gene malato con uno sano, senza alterarne la normale funzione. La strategia, detta “ablate-and-replace”, può essere utilizzata per sviluppare tecniche di CRISPR per tutti i tipi di mutazione che si verificano a livello dello stesso gene, cioè non è esclusiva per una data alterazione genetica. Questo è particolarmente utile nelle malattie come la retinite pigmentosa, che può essere causata da una qualsiasi delle 150 mutazioni nel gene della rodopsina, proteina delle cellule retiniche. La tecnica può essere applicata in modo indipendente dalle mutazioni e rappresenta il metodo più veloce e meno costoso per superare le difficoltà nel trattare una malattia dominante con la chirurgia genomica.
In genere con CRISPR si utilizza una breve sequenza di “RNA guida” che corrisponde al tratto che si vuole sostituire; si attacca questa sequenza alla proteina Cas9, e insieme si introducono nel nucleo cellulare dove è presente il tratto di DNA corrispondente. Cas9 “apre” il DNA, come fosse una cerniera lampo, e vi inserisce la parte di RNA guida, viene tagliato il tratto di codice mutato e la cellula è indotta ad accettare il codice sano, attraverso i naturali sistemi cellulari di riparazione.
In questo caso, invece, anziché usare la tecnica a una guida a RNA, il team ha impiegato due guide a RNA aventi come bersaglio la rodopsina mutata, con un incremento della distruzione del gene malato dal 30% al 90%. I ricercatori hanno combinato la chirurgia genomica con la tecnica di sostituzione del gene attraverso un virus per veicolare la versione sana del gene nella retina dei topi. I risultati, valutati con l’elettroretinografia, hanno mostrato il rallentamento della degenerazione retinica nei casi sottoposti a trattamento.
Riferimenti: Ophthalmology
Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara