Mare. Spiaggia. Ombrellone. E oltre a pinne, racchettoni e secchielli, l’immancabile cruciverba. Per rilassarsi e prendersi cura della mente oltre che del corpo. Perché le parole crociate (e, più in generale, tutti i tipi di giochi enigmistici) sono comunemente considerate un passatempo al contempo rilassante e istruttivo. Nonché, naturalmente, del tutto privo di effetti collaterali. La scienza si è interrogata più volte sui reali effetti che tale pratica avrebbe sulla mente, indagando la relazione tra frequenza di esecuzione dei giochi enigmistici e abilità cognitive, capacità di linguaggio e ragionamento logico, livelli di attenzione e di concentrazione. Diversi studi, al momento, hanno effettivamente mostrato una certa correlazione tra questo tipo di allenamento e il miglioramento di particolari abilità cerebrali, soprattutto nel breve termine. Molto più scarse, invece, sono le evidenze relative a eventuali effetti a lungo termine dell’enigmistica e di training cerebrali analoghi.
Uno dei lavori più estensivi in materia è cronaca recentissima: un’équipe di scienziati della University of Exeter, infatti, ha esaminato, tramite un test online, diverse abilità cerebrali di oltre 17mila persone di età superiore a 50 anni, chiedendo loro anche se (e quanto frequentemente) si dedicassero alla risoluzione di parole crociate e giochi di parole. I risultati dell’analisi, presentati alla Alzheimer’s Association International Conference (Aiic), hanno mostrato per l’appunto che i partecipanti particolarmente appassionati di enigmistica ottenevano risultati migliori nei test per la valutazione di attenzione, ragionamento e memoria. Tanto che gli autori del lavoro sostengono, forse un po’ troppo ottimisticamente, che “le funzioni cerebrali degli incalliti solutori di parole crociate sono equivalenti a quelli di persone che hanno dieci anni men o di loro – almeno rispetto alla velocità di ragionamento grammaticale a all’accuratezza della memoria a breve termine”. L’enigmistica, insomma, equivarrebbe a una sorta di elisir di giovinezza per la mente: “Abbiamo trovato una relazione diretta tra la frequenza di esecuzione delle parole crociate e velocità e accuratezza di prestazioni in nove diversi test cognitivi. Ora vogliamo comprendere se attività simili possano essere d’aiuto anche nel contrastare l’insorgenza delle demenze: sappiamo che molti dei fattori di rischio correlati allo sviluppo di demenza sono prevenibili, e vogliamo capire quali stili di vita possono fare la differenza nell’aiutare le persone a mantenere in forma e salute il proprio cervello”.
Inoltre, gli autori di un piccolo studio pubblicato nel 2014 su Geriatric Psychiatry, condotto su trentasette pensionati sani, hanno diviso il campione in due gruppi. Il primo ha eseguito cruciverba ogni giorno per quattro settimane, mentre il secondo, di controllo, era impegnato in attività diverse: i risultati sembrano suggerire che le persone del primo gruppo hanno migliorato la cosiddetta Phonemic Verbal Fluency (Pfc), una funzione esecutiva relativa alla capacità di formulare strategie semplici, che di solito declina durante l’invecchiamento e nei soggetti con demenza. E ancora: di cruciverba e demenza, tra l’altro, si è occupata anche un’équipe di scienziati del Department of Neurosciences alla University of California San Diego (e altri istituti di ricerca): in uno studio pubblicato nel 2011 sul Journal of the International Neuropsychological Society, condotto per 18 mesi su 488 persone che all’inizio del follow up erano sane dal punto di vista cognitivo e su 101 pazienti con vari tipi di demenza, i ricercatori hanno valutato per l’appunto l’effetto dell’esecuzione di parole crociate sulla progressione della malattia. “Le nostre scoperte”, scrivono nell’abstract del lavoro, “sembrano mostrare che la partecipazione ad attività di questo tipo, indipendentemente dal grado di istruzione, sia associata a un rallentamento del declino della memoria in chi soffre di demenza. Suggeriamo pertanto di valutare, in opportuni trial clinici, il ruolo dei cruciverba nella prevenzione del declino cognitivo”.
Ma attenzione: per evitare esagerati ottimismi, come si diceva all’inizio, è bene sottolineare che le evidenze scientifiche sugli effetti a lungo termine di questo ed altri tipi di allenamento mentale sono ancora scarse e non definitive. “Quello che sappiamo per certo”, ci spiega Veronica Mazza, professore associato al Centro Interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento, “è che allenare una determinata funzione cerebrale porta a migliorie in quella determinata funzione. Ovvero, poco sorprendentemente, che allenarsi nella soluzione di parole crociate rende più bravi e veloci a risolvere le parole crociate. Sugli effetti a lungo termine, invece, sappiamo ancora molto meno. E, soprattutto, sappiamo poco su quanto eventuali effetti benefici su una specifica funzione cerebrale si possano estendere ad altre funzioni cerebrali. Probabilmente per ottenere tali risultati si dovrebbero seguire dei training altamente personalizzati, disegnati sul singolo individuo”. Un’altra cosa è però sicura: “L’unico tipo di allenamento che è associato per certo a miglioramenti cognitivi”, conclude Mazza, “è l’attività fisica, prevalentemente quella aerobica. Le evidenze scientifiche che lo dimostrano sono molto solide e significative”. Dunque, dopo esservi cimentati con orizzontali e verticali, posate la penna e indossate le scarpe da ginnastica. Il vostro cervello (e il vostro corpo) ringrazierà.
Via: Wired.it