Da Curiosity arrivano i primi indizi di possibili forme di vita su Marte: 65 specie di batteri, che però, ironia della sorte, il rover della Nasa si sarebbe eventualmente portato da casa. Uno studio della University of Idaho, presentato durante il congresso annuale dell’American Society for Microbiology, ha infatti analizzato per la prima volta dei tamponi prelevati dalla struttura esterna del rover prima del lancio, svelando che diverse specie di batteri sono riuscite a sfuggire all’accurata sterilizzazione operata dai tecnici della Nasa. Secondo gli scienziati, molti dei 377 ceppi batterici identificati avrebbero potuto inoltre sopravvivere al viaggio della sonda nello spazio.
La maggior parte delle specie identificate appartengono infatti al genere Bacillus, batteri Gram-positivi capaci di sopravvivere anche in condizioni ambientali estreme. Nei loro laboratori, i ricercatori hanno sottoposto i microorganismi a stress come la disidratazione, esposizioni a raggi UV, freddo intenso e Ph estremi, per simulare le condizioni presenti nello spazio e sulla superficie di Marte. Nei loro test, quasi l’11% dei batteri è sopravvissuto ad almeno una delle prove.
“Quando abbiamo iniziato il nostro studio non si sapeva nulla dei batteri presenti sul Rover”, spiega sulle pagine di Nature Stephanie Smith, ricercatrice della University of Idaho che ha coordinato lo studio. Fino ad oggi infatti, gli unici studi svolti per valutare i possibili “clandestini microbici” a bordo di Curiosity avevano analizzato le specie presenti nelle strutture in cui è stata assemblata la sonda, e nei meccanismi di lancio. Quello della University of Hidao è quindi il primo studio in cui è stato possibile analizzare i batteri effettivamente presenti su Curiosity.
I nuovi dati raccolti dal team di Smith verranno ora utilizzati dagli scienziati della Nasa per riconoscere eventuali batteri di origine terrestre nei campioni di suolo marziano raccolti da Curiosity, e per sviluppare procedure di sterilizzazione più efficienti. In futuro infatti, sarà importante evitare il rischio di contaminare i corpi celesti visitati dalle nostre sonde con microorganismi terrestri. “Non sappiamo ancora se si tratta di un pericolo reale – conclude Smith su Nature – ma nel dubbio, è importante prendere delle precauzioni”.
Via Wired.it
Credits immagine: NASA Goddard Space Flight Center/Flickr