Agli inizi degli anni Novanta iniziava il grande boom della matematica nel cinema, nel teatro, della letteratura. Ed iniziavano anche le mostre e i musei dedicati alla matematica. Che cosa si va a vedere in una mostra di matematica? La Matematica è o no una parte essenziale della cultura? Non si può mostrare ovvero discutere, dibattere, spiegare, tutta la matematica contemporanea. Come ogni scienza la matematica è divisa in differenti settori, ognuno con le sue metodologie, le proprie regole; in moltissimi casi è impossibile far capire ai non addetti ai lavori i problemi trattati. Quindi si tratta di scegliere.
Tra il 2014 e il 2015 sono state organizzate due mostre sulla matematica. La prima, Mateinitaly: matematici alla scoperta del futuro, si è svolta al Palazzo della Triennale di Milano dal 14 settembre sino al 23 novembre 2014. la seconda, NUMERI. Tutto quello che conta, da zero a infinito, si è aperta il 16 ottobre 2014 e si chiuderà il 31 maggio 2015 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Un tempo molto lungo che coincide praticamente con il periodo scolastico, ed alle scuole si rivolge questa seconda mostra. Oltre ad una lunga durata, grande pubblicità su tutti gli autobus della città, manifesti ovunque, insomma un grande investimento. Con anche una serie di conferenze e una rassegna di cinema legate al tema della matematica, rassegne che stanno divenute una pratica ricorrente dopo il primo esperimento riuscito a Bologna con migliaia di spettatori nell’ormai lontano 2000. Anche per questa seconda mostra è stato pubblicato un volume scritto dai curatori, Claudio Bartocci e Luigi Civalleri (“Numeri, tutto quello che conta da zero all’infinito”, Edizione Codice).
La prima osservazione è che mentre nella prima mostra vi erano molti matematici coinvolti, nella seconda tranne Claudio Bartocci non ve ne sono. Si dirà: meno male, in questo caso ci sarà molta più inventiva, si sa che i matematici sono geniali, ma poco pratici, non affidabili, noiosi. Insomma meglio un esperto di exhibit interattivi che un maniacale matematico. Purtroppo questa ovvia osservazione non funziona. Ed ecco che nella prima mostra era evidente una cosa: la passione, il divertimento, di chi sta cercando di far capire, di spiegare, di coinvolgere il visitatore nella propria avventura intellettuale. E la mostra era piena di colori, di animazioni, di invenzioni in cui matematici e allestitori hanno lavorato insieme e si vedeva. Insomma l’entusiasmo. Entrando alla mostra di Roma, in quelle enormi sale del tutto inadatte ad una mostra del genere, quello che immediatamente traspare è un certa uniformità nell’allestimento. Sembra di capire che vi è stato chi si è occupato di exhibit più o meno interattivi, con un occhio al gioco e allo spettacolo, non centrando in pieno l’obiettivo, e chi ha poi fornito l’apparato culturale con cui cercare di legare il tutto.
I problemi principali sono due. Da un lato, una mancanza di inventiva per la scelta degli argomenti trattati e per come sono trattati. In maggioranza si tratta di brevissimi testi di informazioni, con un oggetto che dovrebbe essere il pezzo forte. Anche i video sono o video di spiegazioni matematiche non particolarmente innovativi ovvero filmati ripresi da altre esposizioni, con il famoso Powers of ten del 1977, una fantastica galoppata dall’universo al sottosuolo della terra in una sola zoommata cinematografica. Così gli exhibit non sono tutti nuovi e stimolanti, tranne, per esempio, quello sulla musica molto efficace. Ma i vero grande problema è l’allestimento. In sale con il soffitto altissimo, larghissime, con non molta luce, sono state realizzati dei pannelli enormi. Un pannello sulla immancabile spirale aurea legata ai numeri di Fibonacci. Enorme vuol dire parecchi metri di larghezza e altezza. Con in una bacheca il libro di Luca Pacioli sulla Divina Proporzione, con una conchiglia di Nautilus accanto. Forse utilizzando il video con il film di Paperino degli anni sessanta (Donald Duck in Mathmagic Land) si sarebbe avuta la migliore presentazione dell’argomento. Una sala verde con un altro pannello enorme dedicato al numero e, la base dei logaritmi naturali. Una grande scatola arancione in cui si entra per essere misurati. I piccoli oggetti presenti nelle sale rimangono in ombra e dovrebbero essere gli elementi più interessanti.
L’aspetto culturale ne risulta molto trascurato; per esempio la famosa opera di Albrech Dürer Melencholia I in cui vi è riprodotto un quadrato magico (citato nella lezione di matematica del film Bianca di Nanni Moretti) è sistemata in ombra dietro una parete enorme in cui praticamente scompare. Alla mostra al Grand Palais di Parigi di qualche anno fa sul tema della Melanconia l’opera di Dürer, abbastanza piccola, apriva la mostra, da sola, al centro della sala iniziale. In una sala sono inseriti due dipinti, con volti di matematici, Gauss e Cardano. Altro esempio culturale non sfruttato: la cultura Maya, piccolo pannello, piccola bacheca con un calendario Maya. La sala delle antiche macchine di calcolo andava allestita con una maggiore fantasia per valorizzare al meglio il suo contenuto.
Una mostra è il risultato delle idee di chi la concepisce, di come vengono scelte le opere o gli oggetti e del loro allestimento che deve tenere conto dello spazio in cui si svolge e modificarlo se non particolarmente adatto. E così anche alcuni degli oggetti interessanti si perdono nascosti come sono da grandi pannelli ed exhibit che predominano la scena.
Un ultimo esempio. Nel 2001 e 2002 Luca Ronconi ha realizzato alla Bovisa a Milano per il Piccolo Teatro di Milano, uno spettacolo teatrale eccezionale sul tema dell’infinito. Infinities, appunto. Forse l’unico vero esempio di come si poteva far sentire sulla propria pelle agli spettatori che cosa è l’infinito. Alla mostra di Roma, dietro un pannelo, vi è un piccolo video della prima parte dello spettacolo sull’albergo infinito di Hilbert. Se ne accorgerà qualcuno?
Sicuramente alla mostra ci sono informazioni preziose per insegnanti e studenti. Il catalogo tratta tutti gli argomemnti dei numeri in una o due pagine. Ci deve essere tutto e tutto in pochissime frasi. Accumulazione di informazioni con anche delle letture suggerite. Un consiglio: aggiungere quel libro sull’infinito che Calvino considerava ne Le lezioni Americane il miglior libro che avesse letto di scienze e filosofia: Breve storia dell’infinito di Paolo Zellini, che vinse il premio letterario Viareggio nel 1980.
E vorrei anche consigliare per la passione e la curiosita un libro: Meri Lao, Dizionario Maniacale del 7, un viaggio visionario su tutti i possibili utilizzi del numero sette in 707 voci, pubblicato dall’autrice in proprio, libro che ha avuto gli elogi di Umberto Eco. Scrive nella introduzione Meri Lao personaggio leggendario della cultura musicale e letteraria tra Europa e Sudamerica: “Se è vero, come ha detto Albert Einstein, che non tutto ciò che può essere contato, conta, e non tutto ciò che conta può essere contato, penso che ci sia sempre l’occasione di assaporare la radice comune delle parole cantare e incantare, contare e raccontare.”
Caro Michele,
ho visto la mostra in compagna di amici e a noi non è spiaciuta. Soprattutto so che è stata molto apprezzata da diversi ragazzini e ragazzine di mia conoscenza, e forse questo è il giudizio che più conta.
Ciao, Andrea