Dalla pena di morte all’ergastolo

Il Consiglio superiore delle istanze giudiziarie “ha deciso di commutare le pene di morte contro le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese in ergastolo”, così si legge in un breve comunicato che mette teoricamente fine alla vicenda che da otto anni vede i sei stranieri accusati di aver deliberatamente infettato più di 400 bambini con il virus dell’Aids.

A dicembre scorso il verdetto che condannava i sei alla pena capitale. Ora commutata in carcere a vita grazie alla rinuncia da parte delle famiglie dei bambini, a cui è stato versato un indennizzo  di un milione di dollari per vittima. Secondo la legge islamica, infatti, l’indennizzo “è il ‘compenso del sangue’ che implica il perdono”, ha detto il portavoce delle famiglie Idriss Lagha.

L’accordo sull’indennizzo è stato raggiunto dalla Fondazione Gheddafi, presieduta dal figlio del colonnello Gheddafi, con il denaro del Fondo speciale d’aiuto di Bengasi, creato nel 2005 da Tripoli e Sofia, sotto l’egida dell’Unione Europea.

In base al trattato bilaterale firmato nel 1984, la Bulgaria ha annunciato che chiederà l’estradizione ma nei confronti delle infermiere pendono altre tre cause civili in Libia e ciò potrebbe far ritardare il loro rientro.

Dal punto di vista scientifico, invece, la questione è stata risolta già da tempo: numerosi studi apparsi su riviste internazionali dimostrano che l’infezione era presente nell’ospedale dove operava il personale straniero ben prima del loro arrivo. Così come hanno denunciato in diversi appelli scienziati di tutto il mondo. (l.g.)

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