Sono armi letali di microscopiche dimensioni e con una struttura chimica estremamente complessa che le rende resistenti e flessibili allo stesso tempo. Non si tratta dell’ultimo prototipo dell’industria nanotecnologica, ma di un prodotto della natura: le zanne del grande ragno Cupennius salei, un temibile predatore velenoso che si aggira per l’America Centrale. Il loro segreto, descritto dai ricercatori del Max Planck Institute of Colloids and Interfaces di Potsdam, del Max Planck Institute of Microstructure Physics di Halle su Advanced Functional Materials, è nella loro struttura che le rende vere e proprie siringhe ipodermiche microscopiche e riutilizzabili.
I ricercatori infatti hanno analizzato in dettaglio la composizione chimica e le proprietà strutturali di questi organi mediante i quali il ragno addenta la corazza della preda e inietta un veleno paralizzante. Sono così arrivati a scoprire che le fibre di chitina (il principale componente dell’esoscheletro, il rivestimento esterno, di tutti gli insetti) presenti sulle zanne sono circondate e “incapsulate” dentro matrici di proteine.
Inoltre queste proteine sono caratterizzate da un’alta variabilità chimica e possono, quindi, essere facilmente modificate, adattandosi a ogni singola funzione biologica, mentre la loro composizione e distribuzione non è uniforme: “Le zanne dei ragni hanno una struttura altamente specializzata”, spiega Yael Politi, uno dei ricercatori che ha studiato l’animale. “Le proprietà dei materiali cambiano gradualmente dalla base all’estremità, e lo strato esterno sembra essere molto resistente all’abrasione”.
Dal momento che la perfezione tecnica di una struttura biologica può essere completamente compresa solo se si tengono in considerazione le sue funzioni naturali, i chimici e i fisici di Halle e Potsdam si sono avvalsi della collaborazione di Freiderich Barth, un biologo dell’Università di Vienna con particolare esperienza nel sistema sensoriale e biomeccanico dei ragni. L’obiettivo dei ricercatori è raffinare ulteriormente la comprensione delle diversità chimiche e dei cambi strutturali che permettono al materiale un adattamento così sottile. “Gli studi profondi della composizione di questi organi”, conclude Politi, “possono suggerire molto idee per il design di materiali migliori e bio-ispirati, e gettare le basi per lo sviluppo di applicazioni mediche come siringhe ipodermiche con forme speciali”.
Riferimento: Advanced Functional Materials doi/10.1002/adfm.201200063