Scoprire l’amore nella capitale dell’amore per antonomasia: è l’occasione di un San Valentino tra arte e scienza offerta da De L’amour, una mostra allestita al Palais della Découverte di Parigi che celebra il sentimento più chiacchierato di sempre. Raccontando i tanti modi di vedere, descrivere, parlare e fare l’amore, compreso quello della scienza. Perché l’amore è anche – e prima di tutto – chimica, neuroni, biologia. A ben vedere forse qualcosa che si può persino descrivere a suon di numeri.
Amore, una parola non basta
La mostra racconta l’amore nella sua dimensione storico-culturale e materiale, e dunque biologica. “In effetti una sola parola per descrivere tutti i tipi di attaccamento non basta”, ha spiegato a Galileo Astrid Aron, una delle curatrici della mostra. “Ed è per questo che nella prima sezione della mostra le installazioni artistiche riflettono le diverse forme che per i greci poteva assumere l’amore – érôs, philía, agápê, storgê – come passione carnale, come sentimento di amicizia, di bene disinteressato e di affetto familiare.
Dalle madeline di Proust ai peluche
Una colonna di peluche, le madeline di Proust, dei telefoni cellulari in carica (e alle persone dall’altra parte del telefono), pagine di Se questo è un uomo di Primo Levi, un angolo per ascoltare storie d’amore (di diverso tipo) provenienti da tutto il mondo. E ancora: una piccola biblioteca dove è possibile prendere un libro e in cambio lasciarne un altro. E poi parole, frasi, pagine e libri che percorrono tutte le sfumature dell’amore e i tentativi di descrivere qualcosa che è al tempo stesso intimo e universale. “Il messaggio che vogliamo lanciare è: le forme d’amore sono tante e diverse e questo vi riguarda”, dice Aron. “Tutti sperimentano un qualche tipo di amore”.
Questione di chimica
“Gli artisti si interessano all’amore da millenni, ma gli scienziati lo fanno solo da poco, studiando singoli aspetti, come ‘frammenti di un discorso amoroso'”, dice Aron, citando Roland Barthes. “Alcuni”, va avanti la curatrice,”sono più chiari di altri, ma la scienza è ben lontana dall’averne scoperto tutti i misteri. Abbiamo compreso che è questione di chimica e neuroscienze, e un’installazione multimediale aiuta appunto a capire che ruolo giocano ormoni come la dopamina, la serotonina, l’ossitocina nei diversi tipi di relazione. Per esempio, nell’attaccamento del bambino ai genitori, con conseguenze su tutta la sua successiva vita affettiva”.
I mille volti dell’amore
Perché ogni relazione, ogni attaccamento, è diverso, e i visitatori possono sperimentarlo attraverso alcuni giochi proposti, come per esempio indovinare le intenzioni dell’altro sulla base dei suoi comportamenti. “L’amore”, ricorda Aron, “riesce ad attivare diverse zone del cervello: non esiste una sola zona dedicata a un solo aspetto, ogni situazione attiva diverse zone, e questo ci aiuta a capire per esempio come non esista un amore puramente sessuale, uno puramente famigliare o romantico, ma che ognuno è composto da vari elementi. Così per esempio un filosofo nella mostra racconta che per lui l’amore sono sempre tre cose unite: la passione, l’amicizia e il desiderio”.
Non potevano mancare i richiami alla modernità digitale, con dati e installazioni che mostrano per esempio quante persone hanno incontrato online un partner. Ma il messaggio che arriva dalla mostra, realizzata in collaborazione con l’Istituto francese di studi demografici (INED) e l’Università di Ginevra, non è tanto quanto internet abbia cambiato il modo di incontrarsi, quanto piuttosto come abbia modificato il nostro modo di parlarci. A ricordarcelo, un’enorme installazione stile Messenger di Facebook, dove rivivono messaggi che riflettono tutte le parabole dell’amore, tra seduzione, passione, gelosia e abbandono.
La mostra rimarrà aperta fino al prossimo 30 agosto. In occasione di San Valentino, dal 10 al 16 febbraio, acquistando online un biglietto intero per il Palais de la Découverte con il codice PARISJETAIME sarà possibile averne uno gratuito.
Credits immagine di copertina: © Universcience-Camille Lebris BLOB7_SEXE (0-00-46-21
Foto nel testo: Anna Lisa Bonfranceschi