Oggi arriva una nuova classificazione del diabete. Non più due soli tipi di malattia, ma cinque diverse forme, suddivise in base alle caratteristiche del paziente, ai sintomi, alla progressione della malattia e alle complicanze più probabili. Perché nella definizione di diabete, soprattutto all’interno del noto tipo 2, rientrano forme patologiche molto diverse. La nuova classificazione arriva da un team di ricercatori svedesi e finlandesi e potrebbe aiutare a classificare più in fretta i pazienti e i rischi associati alla loro specifica patologia, nonché in futuro a scegliere più rapidamente fra i trattamenti possibili. Lo studio, guidato dall’Università di Lund in Svezia, è pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology.
Mentre il diabete di tipo 1 è una forma piuttosto omogenea, con caratteristiche uniformi, il diabete di tipo 2, che individua la maggior parte dei casi, è più eterogeneo e presenta maggiori differenze da paziente a paziente. Per identificare queste differenze, i ricercatori hanno considerato un campione di 15mila pazienti con diabete, combinando insieme i dati relativi al loro stato di salute generale, quale l’indice di massa corporea e l’età, con valori specifici delle analisi del sangue, come la glicemia (attraverso particolari controlli glicemici), la produzione di insulina da parte del pancreas ed anticorpi associati al diabete autoimmune.
Il primo gruppo delineato – il cluster 1 – coincide col diabete di tipo 1 a noi noto, una forma autoimmune severa che si manifesta sotto i 20 anni di età in pazienti con indice di massa corporea basso o nella norma. Questa forma è indotta dal sistema immunitario dei pazienti, i quali non sono in grado di produrre insulina.
Nel secondo gruppo i ricercatori hanno inserito pazienti giovanissimi e giovani che, come nel caso precedente, non sono in grado di produrre insulina, tuttavia in questo caso la disfunzione non è di natura autoimmune, ma è probabilmente legata a un difetto delle cellule beta nel pancreas, quelle che producono insulina. Il nuovo gruppo 2 – spiegano i ricercatori – è anche quello più a rischio di retinopatia diabetica, una grave complicanza del diabete che può causare forme severe di ipovisione o cecità.
Il terzo gruppo racchiude tutti i casi di diabete con insulino-resistenza severa e collegato al sovrappeso. Di età adulta, i pazienti con questa forma sono in grado di produrre insulina, tuttavia le cellule del loro organismo hanno una ridotta sensibilità verso questo ormone e non rispondono a sufficienza, con il risultato che il glucosio nel sangue è molto elevato. Questo gruppo è molto più a rischio, rispetto agli altri, di avere una malattia renale.
Il quarto gruppo racchiude pazienti con diabete severo che sono affetti da obesità: in questo caso non c’è insulino-resistenza e il metabolismo di questi soggetti somiglia a quello di individui sani. La malattia è dunque collegata alla presenza di obesità.
Infine, il quinto gruppo racchiude le forme diabete di tipo 2 più leggere, che si manifestano in età anziana con uno squilibrio metabolico leggero: in questa categoria, la malattia è collegata all’età. Tale forma più attenuata è anche la più diffusa, dato che colpisce circa dal 39 al 47% dei pazienti con diabete.
Ciascuno dei cinque tipi, inoltre, è stato caratterizzato dal punto di vista genetico: in base ai risultati, non c’è nessuna mutazione che accomuna tutti e cinque i gruppi. E questa è un’altra prova, secondo gli autori, del fatto che queste forme siano distinte e non siano semplicemente degli stadi progressivi con cui il diabete si manifesta. Tuttavia, i ricercatori sottolineano che non è possibile, per ora, dire se queste cinque tipologie abbiano effettivamente cinque cause differenti e dunque possano essere considerati come malattie diverse a tutti gli effetti. Insomma, ancora c’è ancora della strada da fare, ma i ricercatori hanno aggiunto un nuovo tassello per lo studio e la comprensione di tutte le forme di diabete.
Riferimenti: The Lancet Diabetes & Endocrinology
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