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Dialogo tra il medico e lo sciamano

Stéphane Laurent, cardiologo e docente di Farmacologia all’Università di Parigi, dialoga col figlio Arthur Laurent, apprendista sciamano, sulle differenze epistemologiche e pratiche dei due diversi modi di interpretare e curare alcune importanti malattie.

L’apprendistato dello sciamano sulle Ande

Nel suo apprendistato, il giovane Arthur ha vissuto molti anni in diverse comunità indigene, ha praticato i loro riti, seguito nel suo percorso da un importante maestro sciamano della comunità andina Shipibo che lo ha accolto nella sua stessa famiglia. Il dialogo si svolge in un clima sereno e molto rispettoso delle diverse esperienze, l’una sostenuta dalle conquiste della ricerca e della medicina convenzionale, l’altra dalle ritualità delle pratiche terapeutiche tradizionali, condotte dagli sciamani di diverse popolazioni indigene e sperimentate personalmente dal giovane apprendista.

Arthur Laurent, Stéphane Laurent, Il medico e lo sciamano. Dialogo sulla cura e la guarigione. Carocci Editore, Sfere 2025 Pp. 154, € 16,00

Digiuni, droghe e canti

Un primo passo importante è convenire sul significato di alcuni termini necessari per interpretare, distinguere o specificare quello di cui si sta parlando, e si distinguono così i farmaci dalle sostanze psicotrope, psichedeliche, allucinogene, discutendone i diversi effetti. Contemporaneamente emergono e si mettono in evidenza le effettive differenze nei modi di pensare, nelle complessive visioni del mondo che sostengono due pratiche molto dissimili. Se il medico ritiene fondamentali le esigenze di un metodo scientifico, che impone sperimentazioni riproducibili e controlli in doppio cieco per studiare gli effetti di farmaci e terapie, il giovane apprendista insiste nel definire il significato delle complesse procedure sciamaniche ritenute essenziali per la cura, spiegando come queste coinvolgano l’intera persona e addirittura l’intera comunità. Digiuni e diete speciali, droghe ben controllate, canti, ambienti accuratamente strutturati permettono l’intervento di “spiriti non umani” che guidano le pratiche necessarie per i diversi tipi di guarigione.

Gli effetti allucinogeni

Il medico “occidentale” cita studi farmacologici, le scoperte di neurofisiologia e di biologia molecolare, la conoscenza delle varie aree del sistema nervoso, dei mediatori chimici e delle loro interazioni; queste gli permettono di interpretare o di tradurre nei termini della medicina convenzionale molte delle conoscenze elaborate dalla medicina tradizionale. Dal canto suo, il giovane sciamano racconta le sue esperienze personali di partecipazione a cerimonie di guarigione, e descrive il rituale sciamanico in cui si assumono bevande che contengono i principi attivi dell’ayahuasca, una pianta con effetti allucinogeni usata presso la popolazione Shipibo nell’Amazzonia peruviana. Aspettandone gli effetti, i partecipanti intonano canti di esordio, poi canti di pulizia che purificano l‘aria viziata delle capanne in cui si svolge il rito, seguono canti di cura, poi canti di invocazione poi altri canti volti a facilitare il processo terapeutico a cui partecipa l’intera comunità sotto la guida di uno o più sciamani.

Un cerimoniale preparato con cura

L’organizzazione del contesto rituale e sociale è essenziale per la cura e richiede un cerimoniale preparato con attenzione da giorni e giorni: a volte sono richiesti mesi di diete speciali, isolamento e soggiorni nella foresta, varie forme di purificazione. Le differenze con la cura delle malattie effettuata nei più o meno asettici ospedali occidentali è evidente, e il contrasto tra una modalità terapeutica socialmente partecipata e la solitudine ospedaliera non richiede commenti.

Gli effetti delle piante medicinali

Sfruttando le sue competenze farmacologiche il medico prova a interpretare gli effetti delle piante medicinali attraverso i moderni studi sui neurotrasmettitori cerebrali, sulle reazioni biochimiche mediate da serotonina e acetilcolina, riconoscendo comunque l’efficacia di interventi sistemici confrontati con la parcellizzazione specialistica della medicina occidentale.

I farmaci della medicina convenzionale

Un confronto efficace tra le due posizioni antagoniste riguarda l’effetto delle piante nelle terapie sciamaniche, notando come gli stessi principi attivi presenti nei vegetali, ma chimicamente sintetizzati, elaborati e trasformati, diventano poi componenti essenziali dei prodotti farmaceutici controllati e dosati della medicina convenzionale. Molti studi scientifici tuttavia, commenta il medico, riguardano ancora l’efficacia di parecchie sostanze “naturali” nel trattamento di alcune forme di dolore cronico e di depressione resistente ai farmaci o in cui si richiede la modificazione di attività cerebrali specifiche, responsabili della memoria e delle emozioni.

Umano e non umano

Se all’inizio della discussione i due interlocutori sembrano interessati a riconoscere le differenze tra i loro modi di pensare, nei capitoli conclusivi il medico ipotizza uno sviluppo tuttora futuribile e certamente ancora non documentato della genetica, della neurofisiologia, della biochimica, della meccanica quantistica, persino della biofotonica unite alle varie energie della foresta per spiegare il potere terapeutico dei riti sciamanici. Le onde emesse dagli atomi, i vari campi di forza o di energia potrebbero (ma si tratta di ipotesi ancora non verificate) spiegare i risultati delle medicine tradizionali. Ed è curioso notare che il medico, all’inizio molto convinto della validità del suo metodo di ricerca ma consapevole dei limiti di un approccio solo meccanicista, si lasci affascinare da ipotesi avveniristiche ancora tutte da dimostrare. Infatti, concentrandosi sulle suggestioni delle terapie sciamaniche e cercando ciò che potrebbe collegare i due modi di pensare, il medico tenta di spiegare scientificamente anche l’influenza di pietre particolari nelle pratiche di guarigione, coerente con una connessione intima tra il mondo vivente e mondo minerale. A sua volta il giovane sciamano chiede alla cultura occidentale di dare spazio al non umano accanto all’essere umano, per esempio riconoscendo la presenza di spiriti nelle piante o nelle pietre, per fare luce su alcune malattie in una stretta connessione tra il materiale e lo spirituale.

Lo sciamano e il colonialismo medico

A conclusione del lungo dialogo, si può pensare che le due modalità di cura non si escludano a vicenda e si invitano i pazienti delusi dalle medicine occidentali a fare ricorso alle terapie tradizionali. Ma questo pone alcuni importanti interrogativi. I modi di pensare e di vivere, le cosmologie, i legami con le reciproche culture sono molto diversi tra le popolazioni amazzoniche e il mondo occidentale: le pratiche sciamaniche possono avere effetto su chi non condivide il pensiero soggiacente alle pratiche stesse? I riti che richiedono mesi di preparazione, diete, pulizia spirituale possono essere abbreviate e somministrate a chi, provenendo da una cultura diversa, cerca frettolosamente una soluzione ai suoi problemi, praticando una sorta di turismo terapeutico? Semplificando la medicina sciamanica se ne possono ugualmente ottenere i benefici, o si può accedere ad essi in forma ridotta? Inoltre, il giovane Arthur teme una sorta di neocolonialismo medico, cioè l’appropriazione culturale delle pratiche tramandate dagli antenati e sviluppate dagli sciamani con perseveranza e sacrificio. Insomma è probabile che la (abituale) mancanza di rispetto per il mondo spirituale altrui possa commercializzare e svilire il valore di sistemi culturali sviluppati nel tempo e adeguati ai modi di vivere di altre popolazioni. In altre parole, è in gioco il riconoscimento delle culture autoctone che potrebbero essere sfruttate ma non legittimate e rispettate, o disprezzate come manifestazioni di popoli primitivi, o comunque inferiori. Con questa richiesta di condivisione di conoscenza e di reciproco riconoscimento rispettoso si conclude il lungo dialogo tra i due terapeuti, lasciando aperti dubbi e possibilità di integrazione, ma aprendo alla scienza e alla conoscenza di entrambe le culture una visione complessa che potenzi e renda più efficaci entrambe le pratiche terapeutiche.

Foto di Azzedine Rouichi su Unsplash

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