Non solo acqua, c’è anche metano e idrogeno molecolare al centro della Terra. Ancora una volta la scoperta viene dall’analisi di un rarissimo diamante super profondo i cui risultati questa volta sono stati pubblicati su «Nature» da un team di ricerca internazionale, prima firma Fabrizio Nestola del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova. Formatosi tra i 300 e i 1000 km all’interno del mantello terrestre, il minerale di puro carbonio, come una vera e propria capsula inerte, ha trasportato fino alla superficie terrestre “frammenti” della Terra profonda, confermando anche indirettamente la possibilità di traiettorie non lineari delle placche in subduzione.
Il processo di subduzione delle placche
Il processo di subduzione – per cui una placca si inabissa scorrendo al di sotto di un’altra placca, sprofondando così verso l’interno del mantello terrestre, è uno dei principali fenomeni geologici che stanno alla base della tettonica delle placche sul nostro pianeta, la teoria che indica come la litosfera, l’involucro solido più esterno della Terra dello spessore di 70-100 km, sia divisa in circa venti porzioni rigide, dette appunto placche.
Cosa ci dicono i diamanti super profondi
«L’effettiva presenza di acqua a grandissime profondità nella Terra era stata già scoperta nel 2014 grazie ad un altro diamante super profondo”, ricorda Luca Bindi, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, “tuttavia con questo nuovo studio non solo confermiamo che l’acqua deve essere assolutamente presente tra la zona di transizione e il mantello inferiore, ma che a quelle profondità dobbiamo anche avere altri fluidi come il metano e l’idrogeno molecolare».
Il diamante studiato foto a) incorpora particolari inclusioni che testimoniano una sequenza complessa di reazioni chimiche che avvengono su una placca tettonica in subduzione– al “confine” tra la zona di transizione, tra i 410 e i 660 km di profondità, e il mantello inferiore, settore che si estende da 660 km fino al nucleo terrestre esterno a 2900 km di profondità.
La tipologia di inclusioni analizzate (Foto b) come il ritrovamento di forsterite pura, un caso unico, che è un minerale del mantello terrestre con composizione Mg2SiO4 e le reazioni chimiche che sono avvenute all’interno del diamante studiato indicano e confermano la presenza di acqua a grandissime profondità (circa 660 km), in concomitanza a metano (CH4), idrogeno molecolare H2 e la presenza di settori, sempre a queste profondità, costituiti da ferro metallico, che finora si riteneva essere presente solo nel nucleo terrestre.
Un imput per i sismologi: capire i terremoti profondi e di grandi intensità
Ma non è tutto. La scoperta conferma anche empiricamente per la prima volta ciò che era stato solo simulato in geofisica da calcoli molto complessi: le placche tettoniche penetrano nel mantello talvolta seguendo percorsi non lineari.
«Non si può escludere che tali percorsi possano essere un’ulteriore complessità da considerare per i sismologi che studiano lo sviluppo di alcuni terremoti estremamente profondi che talvolta raggiungono magnitudo 7 e che si verificano a profondità superiori ai 600 km, come nelle Filippine (675 km di profondità), in Papua Nuova Guinea (735 km), nelle Ande e in Indonesia. Sismi così profondi si sono verificati anche in Spagna, al di sotto della città di Granada (630 km), e più raramente anche in Italia, nel Tirreno meridionale, dove si sono registrati terremoti anche al di sotto dei 600 km di profondità – dice Fabrizio Nestola del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.
Il nostro articolo supporta l’ipotesi che tali terremoti siano correlati alle placche in subduzione, andando a rendere ancora più complesso lo scenario, come si vede nella figura C, non solo con un andamento della placca non lineare – che si muove verso grandi profondità – ma causando una sequenza di idratazione e disidratazione delle rocce che stanno entrando nel mantello inferiore».