Mangiare solo avocado. O nient’altro che brodo. O, ancora, solo alimenti liquidi. In fatto di diete e alimentazione, si è detto più o meno tutto e il contrario di tutto. E, come abbiamo più volte evidenziato, è sempre bene fare molta attenzione a tutte le diete che si (auto)proclamano facili e miracolose, che spesso non hanno alle proprie spalle evidenze scientifiche solide e che talvolta possono addirittura comportare grossi rischi per la salute di chi le adotta. Oltre ai regimi che precludono (o consigliano) questo o quell’alimento, una branca relativamente nuova è la cosiddetta crononutrizione, ossia la scienza che indaga il legame tra ritmi circadiani (i cicli biologici di 24 ore regolati dall’orologio interno al nostro organismo e caratterizzati dalla variabilità periodica di livelli ormonali e funzioni fisiologiche: ci torneremo tra poco) e metabolismo.
L’idea alla base è semplice: dato che il nostro corpo funziona diversamente in momenti differenti della giornata, è lecito aspettarsi che anche l’assunzione dei nutrienti dal cibo che ingeriamo sia variabile a seconda dell’orario.
L’ultima prova scientifica sul tema è un piccolo studio in via di pubblicazione sulla rivista Cell Metabolism, che ha mostrato come ingerire tutte le calorie della giornata prima delle tre di pomeriggio sia legato a una più veloce perdita di peso, a un maggiore controllo dei livelli di glucosio nel sangue e a una diminuzione della pressione arteriosa. Con l’aiuto di un esperto, abbiamo cercato di capire cosa ci sia di vero: ecco quello che abbiamo scoperto.
Orologio biologico e metabolismo
L’esistenza di un orologio biologico in tutti gli organismi viventi è assolutamente fuori discussione, e la scoperta dei meccanismi che lo regolano è addirittura valsa a Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young il riconoscimento del premio Nobel 2017 per la fisiologia e la medicina. I tre, in particolare, hanno fatto luce sulle dinamiche che controllano i ritmi circadiani (dal latino circa dies, ovvero intorno al giorno, su un periodo di 24 ore), svelando come organismi unicellulari, piante e animali si adattano al ritmo giorno/notte scandito dalla rotazione terrestre.
Le scoperte di Hall, Rosbash e Young, e diversi studi successivi, hanno mostrato, per esempio, che dopo il tramonto crescono i livelli di melatonina, l’ormone legato al sonno secreto dall’ipofisi. E contemporaneamente si innalzano anche quelli di cortisolo, la sostanza che di giorno agisce sul sistema neurovegetativo simpatico aumentando pressione e frequenza cardiaca. Arriviamo anche al metabolismo e, quindi, al dimagrimento (o all’ingrassamento): l’orologio biologico è impostato per spegnere, durante la notte, il gene che produce la grelina, l’ormone che induce il senso di fame, e accendere quello che produce la leptina, che placa l’appetito.
Crononutrizione
Per cronotutrizione si intende un principio alimentare elaborato a metà degli anni ottanta da Alain Delabos, un nutrizionista francese. L’autore non la definisce come una dieta in senso stretto, ma piuttosto come “un modo di nutrirsi che rispetta il nostro orologio biologico a sua volta scandito dalle variazioni metaboliche che intervengono durante la giornata: il corpo non assimilerebbe i diversi alimenti nello stesso modo nei vari momenti della giornata stessa”. Sono diversi, ormai, i lavori scientifici che hanno indagato il tema: uno studio pubblicato su Science nel 2015, per esempio, condotto da un’équipe di ricercatori della San Diego State University, aveva svelato che limitare l’intervallo temporale in cui dei moscerini della fruttaavevano a disposizione il nutrimento rendeva gli insetti più protetti da problemi di salute legati all’invecchiamento e ai disturbi cardiovascolari che insorgono come effetti collaterali di alcune diete. Un altro studio, pubblicato lo stesso anno sulla rivista Cell Metabolism, ha invece osservato la stessa dinamica sugli esseri umani: monitorando, tramite un’app per smartphone, le abitudini alimentari di uomini sani, gli autori hanno inferito che metà degli adulti mangiano per più di 15 ore al giorno, in media, e che la riduzione di questa finestra temporale può contribuire alla perdita di peso.
E ancora: un altro lavoro, pubblicato sulla stessa rivista e condotto su un piccolo campione di maschi in sovrappeso, ha mostrato che l’“alimentazione a restrizione temporale” (“time-restricted feeding”), che funziona per l’appunto riducendo a 9-12 la finestra temporale in cui si mangia, anziché diminuendo l’apporto calorico, rappresenterebbe un approccio terapeutico interessante contro l’obesità. E infine lo studio citato in apertura: una piccola sperimentazione condotta su otto maschi adulti (data la limitatezza del campione, anche in questo caso, i risultati sono da prendere con molta cautela) ha mostrato che assumere tutte le calorie della giornata prima delle tre di pomeriggio porti a una perdita di peso maggiore e più rapida rispetto a un’alimentazione con le stesse calorie ma la cui assunzione è spalmata su tutta la giornata.
Una caloria vale una caloria
Attenzione, però. Gli esperti mettono in guardia sul fatto che la crononutrizione, al momento, non poggia su basi abbastanza solide per poter essere considerata un mezzo scientificamente valido per il dimagrimento. Come si diceva, infatti, gli studi finora condotti sono stati eseguiti su campioni troppo ristretti per essere considerati conclusivi. Per cui tutte le diete che fanno generico riferimento a principi di crononutrizione (ne esistono in varie versioni, che invitano a non mangiare in determinate fasce orarie o addirittura in determinati giorni della settimana, come la dieta 5:2 – cinque giorni di alimentazione normale e due di quasi digiuno) vanno valutate con molta attenzione e giudizio: “Di per sé, il principio secondo il quale l’assunzione delle calorie sarebbe diversa a seconda del momento della giornata”, ci spiega Laura Rossi, nutrizionista e ricercatrice al Centro ricerca alimenti e nutrizione, “non è vero, o per lo meno al momento non ha basi scientifiche. Per quello che sappiamo, una caloria vale una caloria, indipendentemente da quando la si introduce nel corpo”. Questo non vuol dire che stare attenti a dosare l’alimentazione nel corso della giornata non sia importante, anzi: “Diversi studi scientifici”, prosegue Rossi, “hanno per esempio mostrato che un’adeguata prima colazione – in cui si introduce il 15%-20% del fabbisogno calorico giornaliero – è collegata a un miglioramento di diversi parametri cardiometabolici (ma non al dimagrimento). Allo stesso modo, alleggerire il pasto serale è un altro sistema per ottimizzare le risorse metaboliche, ma anche in questo caso non è necessariamente legato al dimagrimento”. Un’altra strategia, infine, è certamente una gestione consapevole e corretta delle ore di sonno, dal momento che chi dorme poco o male ha la tendenza a mangiare più disordinatamente e più spesso. E quindi a ingrassare.
Via: Wired.it