Si chiama Bruno, ha un vistoso muso a becco d’anatra, è lungo più di cinque metri e ha la bellezza di 80 milioni di anni: Bruno è un dinosauro della specie Tethyshadros insularis e, sorprendentemente, è “made in Italy”.
Un gruppo internazionale di ricerca, infatti, coordinato dai ricercatori dell’Università di Bologna, ha rinvenuto, a pochi chilometri da Trieste, numerosi scheletri di dinosauri in perfetto stato di conservazione, insieme ad altri fossili che aiutano a far luce sull’Europa mediterranea del Cretaceo, di milioni di anni fa. Si tratta del primo giacimento di dinosauri in Italia: tra quelli ritrovati, Bruno – così soprannominato dai ricercatori – è il più grande e massiccio, e la sua scoperta fa vacillare le conoscenze che si avevano finora su questa specie e sulla geografia dell’antico Mediterraneo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports, mentre i reperti si trovano adesso al Museo civico di storia naturale di Trieste.
Dai ritrovamenti dei ricercatori emerge che Bruno e compagni popolavano una località chiamata Villaggio del pescatore, nel comune di Duino-Aurisina, circa 80 milioni di anni fa. All’epoca, la parte meridionale dell’Europa era estremamente diversa da ciò che è adesso: l’area mediterranea, che ha sempre rappresentato una sfida per paleogeografi e paleontologi che studiano i vertebrati marini e i dinosauri, era infatti caratterizzata da masse continentali altamente frammentate, a formare un arcipelago posizionato ai confini occidentali dell’antico oceano Tetide. Per anni i ricercatori hanno ritenuto che il sito del Villaggio del pescatore fosse un’isola tra le tante dell’arcipelago europeo: a confermarlo i resti di quelli che, prima della scoperta di Bruno, venivano chiamati dinosauri nani insulari.
Antonio, prima di Bruno
Bruno, infatti, non è il primo dinosauro a essere stato trovato nel Villaggio del pescatore: prima di lui c’era Antonio. Era il 1994 quando una studentessa di geologia, Tiziana Brazzatti, trovò il primo scheletro completo all’interno delle rocce della cava: si trattava del primo esemplare di Tethyshadros insularis mai trovato, e venne ribattezzato Antonio.
Antonio era alto meno di un metro e trenta centimetri, lungo poco meno di quattro metri per 350 chilogrammi di peso: un esemplare decisamente piccolo, per cui i paleontologi hanno ipotizzato che quella di Antonio potesse essere una specie nana, evolutasi a causa dell’ambiente insulare, con risorse troppo scarse per permettere che specie più grandi si riproducessero e prosperassero. Il Villaggio del pescatore però celava altre sorprese: i resti di nuovi esemplari di dinosauri (almeno sette, ma probabilmente ne sono undici in totale) della stessa specie di Antonio, oltre a pesci, coccodrilli, rettili marini e piccoli crostacei, estratti dalla roccia calcarea grazie a lame diamantate, ruspe e bulldozer.
“Per la prima volta abbiamo in Italia un giacimento di dinosauri, in cui non solo troviamo i resti di questi animali, che sembrano appartenere a mondi lontani da noi, ma ne troviamo tanti, insieme agli animali che con loro condividevano quel mondo perduto – dice Federico Fanti, che ha coordinato lo studio, a Unibo Magazine -. Questo sito eccezionale è un luogo dove dal terreno possiamo, e lo stiamo facendo, estrarre tanti scheletri di dinosauri, uno più spettacolare dell’altro; e questa è la prima volta in cui sappiamo esattamente dove continuare a scavarli“.
Tra gli esemplari di dinosauri ritrovati ci sono anche i resti di Bruno, che hanno messo in crisi quello che si ipotizzava sui Tethyshadros insularis e sul Villaggio del pescatore: l’esemplare, infatti, è notevolmente più massiccio di Antonio, ed è il più grande mai rinvenuto in Italia.
Vecchie ipotesi e nuove evidenze
I ricercatori si sono chiesti come ciò fosse possibile e la risposta è arrivata dopo l’analisi del tessuto osseo dei due dinosauri: Antonio era un esemplare più giovane – e quindi più piccolo – di Bruno. “Bruno appartiene alla stessa specie di Antonio, anche se è più grande e massiccio: il motivo è semplice, non hanno la stessa età – dice Fanti -. Bruno è più grande, adulto, di Antonio, e proprio come in qualsiasi specie che conosciamo oggi ha un aspetto diverso proprio a causa della sua età: insieme, questi due animali, ci mostrano un aspetto molto raro da vedere nei dinosauri, ovvero come cambiavano mano a mano che crescevano”.
Da questa scoperta i paleontologi hanno ipotizzato che l’area del Villaggio del Pescatore non fosse un’isola, come si credeva, ma una terra emersa connessa con l’Europa occidentale e con l’Asia, che potesse ospitare grandi esemplari di dinosauri. “Il sito del Villaggio del pescatore rappresenta un’occasione unica per far conoscere i dinosauri agli italiani, per far capire come la paleontologia e la geologia facciano parte del nostro patrimonio culturale – conclude il ricercatore -. Rappresenta allo stesso tempo un traguardo e un punto di partenza per capire la storia dei dinosauri e di tutta l’area mediterranea di milioni di anni fa”.
via Wired