Il tratto definitorio, l’essenza, delle sostanze psicoattive da quelle legali come l’alcol e il tabacco a quelle illegali, è la loro capacità di modificare lo stato di coscienza e l’umore. Piuttosto che dalla semplice alterazione dei circuiti cerebrali della ricompensa e delle decisioni, la dipendenza sembra svilupparsi soprattutto per la spinta del vissuto del desiderio degli stati mentali ottenuti e ottenibili con l’uso della sostanza (Milkman & Sunderwirth, 2010[1]). È evidente che anche questo desiderio è legato all’interazione della sostanza col cervello. Tuttavia, la forza del desiderio, il modo in cui agisce (anche neurobiologicamente) sulla motivazione alla ricerca della sostanza, sui processi decisionali che portano all’effettivo consumo sono modulati dall’esperienza soggettiva, dal senso personale che ha quel desiderio e quel comportamento nella storia di una persona. Allo stesso modo la costruzione nel cervello della rete di relazioni tra stimoli che innescano il desiderio (emozioni, ricordi, ambienti, persone, percezioni, sensazioni somatiche, ecc.) e comportamenti d’uso: l’essenza della dipendenza, è filtrata dal vissuto soggettivo che accompagna questi processi, dal racconto della storia individuale con cui un individuo prova a dar loro un senso.
Continua a leggere su Omni News – Il Giornale della Medicina Narrativa Italiana