Paul A.Dirac, non solo uno dei più grandi fisici vissuti nel secolo scorso, ma anche un bravo comunicatore scientifico. La raccolta di alcuni suoi scritti, infatti, permette anche al lettore non specialista di farsi una idea delle problematiche scientifiche di quel tempo e delle grandi idee che ribaltavano conoscenze solidamente acquisite. Nel primo saggio, del 1939, Dirac parla della relazione tra matematica e fisica, nel più recente, del 1983 riassume la sua vita da fisico, dagli studi universitari ai grandi problemi affrontati, risolti o non ancora risolti, ricorda le relazioni con i grandi fisici del suo tempo, racconta la sua metodologia di ricerca, analizza la situazione della fisica a lui contemporanea e ne immagina il futuro.
Paul A.M. Dirac
La bellezza come metodo
A cura di Vincenzo Barone
Raffaello Cortina, Milano 2019,
pp. 128 , € 15,00
Il superamento dei pregiudizi
Lo sviluppo della fisica, scrive Dirac, può avvenire a piccoli passi ma, in particolari momenti, si verifica l’introduzione di qualcosa completamente nuovo, che rompe gli schemi e apre al pensiero nuove prospettive. Questi grandi salti corrispondono, quasi sempre, al superamento di pregiudizi, apparentemente delle ovvietà accettate senza discutere che, per nuove esigenze, devono essere sostituiti con qualcosa di più preciso.
Con la relatività ristretta, per esempio, Einstein supera il pregiudizio della simultaneità e sostituisce il tempo assoluto con una nuova immagine del mondo in cui il tempo appare come una quarta dimensione: questo ha portato all’esigenza di riformulare quasi tutta la fisica. Nella relatività generale, bisogna superare il pregiudizio che lo spazio euclideo si applichi al mondo fisico: le distanze misurate dai fisici non si conformano più alla geometria euclidea e lo spazio deve essere immaginato curvo, con un numero maggiore di dimensioni. Così gli sviluppi futuri, sostiene Dirac, dovranno prevedere cambiamenti di qualcosa che finora non è mai stato messo in discussione, per esempio la relazione tra la teoria e l’esperimento.
E dunque, quando Erwin Schrödinger, grandissimo fisico, non aveva osato pubblicare la sua equazione perché in contrasto con le osservazioni sperimentali, Dirac propose nel 1928 una sua equazione, quella che fino ad oggi ha rappresentato un passo fondamentale verso una teoria unificata dei principi della meccanica quantistica e della relatività ristretta, e ha posto le basi della cosiddetta meccanica quantistica relativistica.
La fisica per rappresentare la realtà
Il progresso della fisica, dunque, richiede continuamente l’invenzione di nuove matematiche, di nuovi formalismi o nuovi sistemi assiomatici per rappresentare il reale. E se gli strumenti matematici non sono disponibili, il fisico deve essere pronto a crearli. Solo dopo aver perfezionato e generalizzato i formalismi matematici che costituiscono la base della fisica teorica, e dopo il loro successo, si può provare a interpretare in termini di entità fisiche le nuove strutture matematiche. Questa affermazione propone una drastica rivoluzione metodologica nei confronti delle procedure tradizionali che, da Galileo in poi, si impegnavano a descrivere i dati empirici attraverso la formulazione di leggi fenomenologiche. Già nel 1939, infatti, Dirac scrive che non c’è alcuna ragione logica che giustifichi il metodo matematico nell’investigazione del mondo fisico, ma nonostante questo, il metodo funziona. (E venti anni dopo Eugene Wigner, citandolo, scriveva sulla “irragionevole efficacia” della matematica nelle leggi naturali).
Tra fisica e matematica
Dirac pensa che questa miracolosa corrispondenza tra matematica e fisica sia ancora in corrispondenza con qualche caratteristica della natura, e “diventa sempre più evidente che le regole che il matematico trova interessanti sono le stesse che ha scelto la Natura”. Per questo le leggi matematiche devono essere “belle”, e la bellezza matematica deve trovarsi nella semplicità (sa descrivere un’ampia varietà di fenomeni con un minimo numero di concetti) e nella necessità (non può essere diversa da quella che è): la spiegazione sempre più completa dei fenomeni naturali non può che tendere ad una crescente bellezza e una teoria bella deve essere sostanzialmente corretta.
Se c’è disaccordo tra una teoria bella e i risultati ottenuti sul piano sperimentale è probabile che gli esperimenti siano sbagliati tanto che, nelle loro discussioni di fisici di altissimo livello, Paul Dirac e George Gamow avevano individuato quattro possibili relazioni tra teoria e sperimentazione, concludendo che se una teoria inelegante è in accordo con gli esperimenti, la situazione è senza speranza.
Ovviamente, pensa Dirac, ci vuole un vero genio per poter immaginare come debba essere la natura affidandosi soltanto al pensiero astratto e, soprattutto, i concetti attuali rappresentano solo uno stadio transitorio nella comprensione fisica del mondo. Lo stato della fisica di oggi non è certamente quello finale, e non vale la pena di dare troppa importanza al fatto che le leggi attuali non sono sempre in grado di fornire risultati: andando avanti, si scopriranno dapprima nuove equazioni e poi si troveranno le idee fisiche che stanno dietro di esse. Gli sviluppi futuri, auspica Dirac, dovranno prevedere cambiamenti in qualcosa che finora non è mai stato messo in discussione e, superati gli attuali pregiudizi, si troveranno punti di vista migliori per guardare le cose.
La vita di Dirac
All’inizio del libro Vincenzo Barone, curatore della raccolta, presenta una attenta ricostruzione critica della vita di Dirac e dei saggi raccolti in questo volume. Ciò aiuta molto il lettore inesperto nella comprensione dei testi e permette di avvicinarsi alla complessa personalità del grande fisico. Infatti, racconta Barone riprendendo la biografia scritta da Graham Farmelo (G. Farmelo. L’uomo più strano del mondo, Raffaello Cortina, Milano 2013,p 443), negli ultimi anni della sua vita Dirac si trasformò in un inguaribile rivoluzionario, per esempio mettendo in dubbio una delle leggi fondamentali della fisica, la legge della conservazione dell’energia, o tentando di trovare alternative alle teorie dell’elettrodinamica quantistica che lui stesso aveva elaborato.
Forse i suoi tentativi di superare importanti pregiudizi erano troppo rischiosi o troppo prematuri, e le sue soluzioni si dimostrarono insoddisfacenti. Certamente negli anni la fisica è andata avanti grazie al suo prezioso contributo teorico immediatamente confermato dagli esperimenti e forse anche accogliendo la sua lezione di umiltà scientifica: rivolgendosi, nel 1981, a giovani ricercatori Dirac li invita ad “accontentarsi di poter risolvere una piccola difficoltà e ottenere una teoria che rappresenti un miglioramento limitato, anziché coltivare ambizioni eccessive nella speranza di spiegare tutto in un colpo solo”.