I rifiuti elettrici ed elettronici stanno invadendo l’Africa. La colpa è soprattutto di un maggior consumo interno di cellulari, computer, televisori (Eee, Electrical and electronic equipment), che contribuisce al cosiddetto e-waste per l’85 per cento. Ma in parte la situazione è anche conseguenza delle importazioni dai paesi europei di prodotti elettronici di seconda mano, la maggior parte dei quali inutilizzabili e quindi di fatto rifiuti. E’ quanto emerge dal rapporto “Where are WEee in Africa?”, frutto delle ricerche del Basel Convention E-waste Africa Programme, che getta luce sulle attuali pratiche di riciclo e le caratteristiche del settore dei Raee nell’Africa occidentale, fornendo anche dati sull’uso, l’importazione e lo smaltimento di queste apparecchiature.
Lo studio ha preso in esame cinque paesi – Benin, Costa d’Avorio, Ghana, Liberia e Nigeria – dal 2009 al 2011, rilevando che ogni anno qui vengono prodotte tra le 650 mila e il milione di tonnellate di rifiuti elettronici domestici. Infatti, anche se l’uso di questi dispositivi in Africa è ancora poco diffuso rispetto ad altre parti del mondo, sta crescendo a un ritmo vertiginoso. Il tasso di penetrazione dei computer, per esempio, è aumentato di 10 volte nell’ultimo decennio, mentre il numero di chi ha un contratto di telefonia mobile è cresciuto di 100 volte. Numeri positivi se guardati nell’ottica della comunicazione, ma che fanno contemporaneamente temere per la salute e l’ambiente (vedi Galileo: Sommersi dai telefonini).
Nei Raee, infatti, si trovano molte sostanze pericolose, come metalli pesanti, piombo, mercurio, ritardanti di fiamma, e alcune vengono rilasciate in atmosfera durante le operazioni di smantellamento e smaltimento. La combustione all’aria aperta di cavi per liberare il rame, per esempio, è una delle principali fonti di emissioni di diossina: l’esposizione a questi inquinanti è un rischio per la salute, specie quella dei bambini, che spesso sono impiegati nelle attività di raccolta e smontaggio.
Tuttavia i rifiuti elettronici, se recuperati e gestiti correttamente, possono rappresentare una risorsa e un’opportunità economica, sottolineano gli esperti. Contengono materie prime preziose, come l’indio, il palladio, l’oro, il rame e l’argento, che possono essere recuperate e riciclate, diventando così una fonte di materie prime secondarie e alleggerendo la pressione sulle risorse naturali rare presenti nel continente.
Un altro aspetto analizzato nel rapporto è il flusso di apparecchiature elettriche ed elettroniche tra Europa e Africa occidentale. In Ghana nel 2009 il 70 per cento di tutte le importazioni di Eee era composta da apparecchiature usate, il 30 per cento non funzionanti, quindi destinate a diventare rifiuti elettrici, per un totale di circa 40 mila tonnellate di Raee nel 2010. Anche in Benin e Costa d’Avorio, dicono i dati, circa metà degli apparecchi importati risultano non funzionanti e non riparabili, quindi da considerarsi e-waste. Le analisi su 176 container di Eee usati importati in Nigeria, condotte tra marzo e luglio 2010, hanno rivelato che più del 75 per cento provenivano dall’Europa, circa il 15 dall’Asia, il 5 da altri paesi africani, soprattutto Marocco, e il 5 per cento dal Nord America. Una distribuzione simile si osserva anche in Ghana, dove l’85 per cento degli apparecchi importati viene dall’Europa, il 4 dall’Asia, l’8 dal Nord America e il 3 da altri luoghi.
Il Regno Unito risulta il principale paese esportatore in Africa sia per quanto riguarda gli Eee nuovi che usati, seguito a distanza da Francia e Germania, mentre la Nigeria è il principale importatore, seguito dal Ghana. Alle cifre presentate vanno poi aggiunti i rifiuti elettronici che sono entrati negli ultimi anni nei cinque paesi analizzati e che, secondo il rapporto, ammontano a 250 mila tonnellate ogni anno.