Silvio Berlusconi lo ha appena ripetuto agli italiani, nell’ultima puntata del salotto televisivo Rai di Porta a Porta. Per rendere operativa almeno una delle famose “tre I” promesse ai tempi della scorsa campagna elettorale (inglese, internet, impresa), bisogna usare la televisione. In altre parole, la lingua straniera va insegnata ai bambini usando il piccolo schermo. Con trasmissioni ricche di gag e risate fuori scena. È questa infatti la nuova strategia didattica del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che in collaborazione con Rai Educational ha lanciato il progetto “Divertinglese”, un sistema di apprendimento destinato a bambini della scuola dell’infanzia e delle elementari. Che però non riscuote grandi consensi tra gli esperti. Abbiamo chiesto un giudizio su questo nuovo metodo a Traute Taeschner, docente di Psicopedagogia del Linguaggio e della Comunicazione all’Università di Roma “La Sapienza”. Insieme ai suoi collaboratori, lei ha visionato alcune cassette del Divertinglese. Che impressioni ne avete tratto?”Purtroppo la prima impressione è quella di un cattivo gusto imperante. In una delle scene che abbiamo visto ci sono tre attori goffamente mascherati che dialogano con un bidone della spazzatura. Una è una donna vestita in modo infantile, l’altro è una specie di Gabibbo che si chiama Polpetta, il terzo personaggio ha una maschera di fango in faccia, di quelle usate a scopo estetico. Solamente la donna e il bidone, che parla alzando e abbassando il coperchio, si esprimono in inglese. Gli altri due attori rispondono in italiano. Per cui viene a mancare il concetto base del bilinguismo, ossia della stessa persona che parla le due lingue. Ma soprattutto, emerge un concetto dell’infanzia che svilisce le reali potenzialità dei bambini. Li si considera meno capaci di quello che realmente sono”.Giudizio estetico a parte, cosa c’è di sbagliato nel modello pedagogico alla base di Divertinglese?”Noi stiamo ancora cercando di capire quale sia questo modello. Di solito, quando si vuole proporre un metodo, bisogna prima condurre delle ricerche, raccogliere dei dati, e soltanto dopo questa fase preliminare si può passare alla generalizzazione. Ma finora non abbiamo trovato nulla di tutto ciò. La ‘filosofia’ alla base del progetto è che divertendosi l’alunno impara prima e più facilmente. Ma questo nesso tra apprendimento e divertimento, sempre che due battute buttate lì in modo sciatto possano far realmente divertire, è tutto da dimostrare”.Quindi secondo lei si impara poco tra una risata e l’altra. Quali altri sistemi invece funzionano?”Da uno studio che abbiamo condotto in tre anni, dal 1997 al 2000, sull’insegnamento della lingua inglese in classi di bambini dai tre ai sei anni è emerso uno stretto collegamento tra l’apprendimento della lingua e altri fattori, che non comprendono il semplice divertimento, come la relazione affettiva che si instaura con l’insegnante, la narrazione, la gestualità, la mimica del viso e l’intonazione della voce dell’insegnante. Sono tutte caratteristiche che contribuiscono a creare la figura dell’insegnante ‘magica’ e che sono determinanti per il raggiungimento di risultati soddisfacenti”.In ogni caso, ora l’inglese verrà insegnato sin dal primo anno del ciclo, invece che dal terzo. Che ne pensa?”Questo anticipo mi sembra positivo. Il problema è che per farlo, senza investire altri soldi, si sono diminuite le ore complessive su tutte le classi. Ora sarà prevista un’ora a settimana per il primo e il secondo anno, e due ore per gli anni successivi. Con queste modalità difficilmente si andrà oltre una, seppur utile, leggera sensibilizzazione alla lingua straniera. E comunque solamente all’inglese, perché non è previsto l’insegnamento di altre lingue”.Ma l’inglese non è forse la lingua più utile?”Sappiamo tutti quanto ormai la conoscenza dell’inglese sia necessaria. È un po’ curioso, però, che l’imposizione venga fatta dal Ministero in modo così rigido e generalizzato, quando alcune regioni del nostro paese potrebbero avere interesse verso altre lingue. Ai bambini di Rimini, per esempio, potrebbe tornare più utile il tedesco, o il francese a quelli del Piemonte e Val d’Aosta. Negli altri paesi europei, infatti, la scelta avviene tra due lingue straniere”.Il Divertinglese non funziona, l’ora settimanale a scuola neanche. Cosa serve, allora, per raggiungere l’agognato obiettivo del “fluent english”? “Noi abbiamo proposto un modello di insegnamento precoce della lingua inglese che prevede mezz’ora al giorno di lezione in classe e poi vari richiami a casa. La costanza, oltre agli altri requisiti dell’insegnamento che abbiamo nominato prima, è infatti uno dei fattori determinanti per il successo dell’apprendimento”.