Il dolore cronico sbarca in Parlamento. Con una mozione presentata alla Camera, il deputato dell’Udc Luciano Ciocchetti ha portato all’attenzione della politica le lacune nel trattamento di questa malattia e le richieste delle associazioni di pazienti. Prime tra tutte, l’inserimento del trattamento del dolore nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e la realizzazione di strutture dedicate alla medicina del dolore. La mozione impegna anche il Governo ad assumere tutte le iniziative utili contro il dolore inutile, dando seguito a quanto previsto dal Piano sanitario nazionale 2006-2008, a incentivare la realizzazione, a livello regionale, di progetti per il miglioramento del processo assistenziale rivolto al controllo del dolore di qualsiasi origine, in particolare quello cronico, anche attraverso l’istituzione di Commissioni regionali ad hoc e ad adoperarsi per l’istituzione di scuole di specializzazione in medicina del dolore. I dettagli del documento sono stati presentati al convegno “Per un paese senza dolore cronico”, organizzato dalla Lega italiana contro il dolore (Licd) e dall’Associazione italiana per lo studio del dolore (Aisd), durante il quale è stata lanciata la campagna “Non soffrire di dolore cronico è un tuo diritto”.
Anche se non è considerata una malattia e spesso non viene riconosciuta neanche dai medici, il dolore cronico affligge milioni di italiani che per curarsi devono sostenere spese ingenti ogni mese. Per la precisione, secondo una ricerca svolta da Eurisko per Aisd, gli italiani maggiorenni che hanno sofferto di questo problema negli ultimi sei mesi sono quasi 10 milioni, mentre si sale a 16 milioni se si considera l’ultimo anno. Il 63 per cento di questi malati utilizza medicinali, che nel 41 per cento dei casi sono prescritti dal medico. In Italia sono pochi i centri specializzati per la cura di questo disturbo e la medicina del dolore è assente nel curriculum di studio comune a tutte le professioni sanitarie. Inoltre, un recente provvedimento dell’Aifa ha limitato la rimborsabilità dei farmaci solo a quelle condizioni in cui il dolore cronico, con diagnosi certa, è legato a specifiche condizioni (neuropatia diabetica, pazienti con lesioni midollari, neoplasie o forme erpetiche), creando di fatto una discriminazione tra pazienti che hanno lo stesso male.
Galileo segue da diversi anni la questione, dedicando attenzione alle novità nel campo della ricerca e della messa a punto di nuovi farmaci. Nel 2001 ricercatori tedeschi del Central Institute of Mental Health di Mannheim hanno messo a punto una terapia promettente in grado di bloccare il dolore che giunge dopo l’amputazione di un arto (Stop al dolore degli arti fantasma) mentre nel 2002 alcuni ricercatori dell’università di Toronto, dell’Hospital for Sick Children e dell’Amgen Institute hanno identificato un meccanismo genetico alla base della trasmissione e della modulazione del dolore che può portare a un trattamento utile anche nel dolore neuropatico (Scoperto il gene responsabile del dolore). E’ del 2003 la notizia di una sperimentazione, al Keith Foster del Centre for applied microbiology and research di Salisbury in Gran Bretagna, con il botulino e con una proteina ricavata da un corallo del Mediterraneo per il trattamento a lungo termine del dolore cronico (Un farmaco contro il dolore).
Ma l’aspetto sicuramente più dibattuto è quello etico e politico del riconoscimento del dolore come malattia e dell’accesso a quelle terapie a base di oppiacei che, oltre a essere utilizzate nell’ambito delle cure palliative per i malati terminali di cancro, possono garantire sollievo anche a chi soffre di dolore cronico, in particolare quello neuropatico ma anche quello derivante da malattie come la sclerosi multipla (Cannabis anti spasmo, Per una cultura del dolore). Nel 2004 solo in tre regioni italiane si garantiva ai cittadini l’accesso ai farmaci oppioidi per il dolore moderato-severo (La geografia della sofferenza). Resistenze culturali, quelle che limitano l’utilizzo di questi farmaci per la terapia del dolore, che perdurano nonostante ricerche pubblicate su importanti riviste dimostrino la loro efficacia nel trattamento del dolore neuropatico e nonostante la presa di posizione di numerosi scienziati (Nuove vie per la cannabis, Note dolenti) impegnati a sostenere che il dolore cronico non è un sintomo ma una vera e propria malattia che influisce sulla qualità della vita (Quel male che non passa).