HomeSaluteDue nuove strategie per combattere la malaria

Due nuove strategie per combattere la malaria

di
Anna Lisa Bonfranceschi

Vaccini a base di mix antibiotici, e zanzare immuni dal plasmodio. Sono questi i nuovi approcci della ricerca scientifica per cercare di limitare la diffusione della malaria nel mondo, illustrati in due diversi studi. Nel primo, pubblicato su Science Translational Medicine, i ricercatori dell’Università di Gottinga (Germania) hanno scoperto che un mix di antibiotici somministrato nei topi funziona come un vaccino naturale. Mentre, dalle pagine di PLoS Pathogens, arriva la notizia della creazione – da parte del gruppo di ricerca di Michael Riehle (nella foto) dell’Università dell’Arizona (Usa) – della prima zanzara modificata geneticamente per essere immune dall’attacco del patogeno.

Nella ricerca riportata su Science Translational Medicine, Johannes Friesen ha sviluppato una strategia in grado di proteggere l’ospite, in questo caso i topi, dal plasmodio. Gli studiosi hanno prima somministrato un cocktail di antibiotici a un gruppo di animali sani e poi li hanno messi a contatto con l’agente infettivo. Queste molecole agiscono sul protozoo a livello del fegato dell’ospite, dove ne impediscono la trasformazione nella forma più aggressiva, quella in grado di diffondersi nel sangue e causare le gravi complicanze tipiche della malattia. Si è osservato così che, mentre il patogeno è immobilizzato nel fegato, l’ospite sviluppa una risposta immunitaria contro il microrganismo e quando i topi vengono di nuovo in contatto col plasmodio questo è attaccato e distrutto velocemente.

Nello studio pubblicato su PLoS Pathogens invece, i ricercatori hanno creato la prima zanzara (Anopheles stephensi) geneticamente modificata per essere a prova di plasmodio, incapace cioè di essere infettata dal protozoo e, quindi, di trasmettere la malattia alla specie umana. Per farlo hanno inserito un pezzetto di Dna all’interno del genoma di alcune uova dell’insetto, in modo che la generazione emergente e tutta la sua discendenza avessero la stessa modifica genetica. Il Dna inserito nelle zanzare aumenta i livelli di un una proteina (Akt) con un conseguente incremento della risposta immunitaria degli insetti. In questo modo, quando le zanzare sono attaccate dal plasmodio, il loro organismo è in grado di riconoscerlo e di eliminarlo. Inoltre, tale alterazione genetica accorcia la vita degli insetti, limitandone le capacità infettive tipiche invece degli animali più vecchi. Al di là delle implicazioni ecologiche ed etiche, l’idea dei ricercatori è che queste zanzare sviluppate in laboratorio possano un giorno sostituire le attuali popolazioni naturali che trasmettono la malattia alla specie umana.

Riferimenti: Science Translational Medicine DOI: 10.1126/scitranslmed.3001058
PLoS Pathogens doi:10.1371/journal.ppat.1001003

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