Dopo il nero più nero (di cui abbiamo parlato in questo articolo), ecco il bianco più bianco: quello del coleottero del sud-est asiatico Cyphochilus. Una ricerca pubblicata su Scientific Reports ha infatti individuato le ragioni del bianco brillante di questi insetti nel modo in cui la luce è riflessa e diffusa dalle sottili scaglie che li rivestono, grazie a una peculiare geometria molecolare.
La percezione dei colori dipende dal modo in cui l’oggetto che stiamo osservando assorbe, riflette e diffonde la luce. I colori, nel mondo animale, sono importanti per attirare i partner, per mimetizzarsi o per spaventare i predatori; in ogni caso, soprattutto negli insetti volatori, i materiali di rivestimento devono mantenere una notevole leggerezza. Il problema si risolve grazie a strutture di pochi nanometri (un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro) che riflettono e rifrangono la luce in modo caratteristico. In questo modo si possono generare un gran numero di colori brillanti, sfumati e cangianti. Ma se parliamo del bianco, allora è tutta un’altra storia.
Per apparire bianco ai nostri occhi, infatti, un materiale deve riflettere completamente la luce e questo generalmente si ottiene con materiali più spessi, che permettono che si realizzi un processo detto diffusione multipla della luce. Pensiamo, per esempio, a quanti strati di colore sono necessari per imbiancare una parete colorata: a ogni “mano”, il bianco diventa più intenso e meno “trasparente”. Per questo Cyphochilus incuriosisce tanto i fisici: l’intensità del suo bianco, infatti, è confrontabile con quella di uno strato di vernice con uno spessore maggiore di oltre dieci volte.
La spiegazione del mistero arriva ora da un team che ha coinvolto l’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr), il Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare Lens dell’Università di Firenze e l’Università di Cambridge. Come anticipato, chiama in causa la geometria molecolare delle scaglie: spesse solamente 5-15 micrometri, sono formate internamente da una fitta rete di filamenti di chitina – materiale leggero e trasparente – quasi mille volte più sottili di un capello. Disposti in modo disordinato, questi filamenti agiscono come un mezzo a elevato potere di diffusione: cioè, la luce che le attraversa subisce processi di diffusione multipla.
Il colore bianco deriva quindi dalla particolare disposizione dei sottilissimi filamenti che formano le scaglie, ed è il risultato della selezione naturale, che in milioni di anni ha portato all’adattamento che meglio permetteva al coleottero di mimetizzarsi tra i funghi in cui vive.
“Con le attuali tecnologie non siamo in grado di produrre un materiale altrettanto bianco in uno spessore così ridotto”, dice Silvia Vignolini, ricercatore dell’Università di Cambridge e co-autrice della ricerca. “E il risultato è ancora più sorprendente se si pensa che questi coleotteri riescono a ottenere questo grado di bianchezza con un materiale, la chitina, che in genere non è in grado di influenzare sensibilmente la propagazione della luce”.
E’ molto probabile, quindi, che da questo studio nasceranno applicazioni interessanti per rendere più efficiente ed eco-sostenibile la produzione di vernici, plastiche e altri materiali bianchi. “I risultati di questa ricerca dimostrano infatti che non sono necessari materiali che interagiscano fortemente con le superfici, come quelli attualmente impiegati nell’industria delle vernici, per ottenere rivestimenti altamente coprenti”, conclude Diederik Wiersma, docente di fisica della materia all’Università di Firenze.
Nell’immagine: Cyphochilus (credit: Ino-Cnr).
Riferimento: doi:10.1038/srep06075