Ebola: il virus potrebbe rimanere latente anche per 5 anni

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(Foto: Cdc/Unsplash)

Finora ha infettato 18 persone e ne ha uccise 9. È il nuovo focolaio di ebola che si sta verificando in Guinea e che, molto probabilmente, ha avuto origine da un sopravvissuto alla storica epidemia, quella che tra il 2013 e il 2016 colpì l’Africa occidentale, provocando migliaia di morti. Da un paziente, quindi, che avrebbe ospitato il virus “dormiente” per almeno 5 anni, trasmettendolo poi per via sessuale a un partner.

È quanto appena ipotizzato da tre gruppi di ricerca che, come anticipato da Science, basandosi sul sequenziamento genetico dei campioni di virus prelevati dai pazienti dell’attuale epidemia di ebola, sono rimasti davvero sorpresi: fino ad oggi, infatti, il periodo più lungo noto sulla persistenza del virus nel corpo umano era di 500 giorni circa. Stando ai risultati delle recenti analisi genomiche, invece, il virus potrebbe essere rimasto dormiente in un sopravvissuto alla vecchia epidemia per tutto questo tempo. “Quello che abbiamo scoperto è piuttosto scioccante”, commenta la virologa Angela Rasmussen della Georgetown University. “Gli ebolavirus non sono herpesvirus (noti per causare infezioni di lunga durata) e generalmente i virus a RNA non rimangono in circolazione senza replicarsi affatto”.

Un virus a lungo termine

È noto alla comunità scientifica che il virus ebola può persistere a lungo nel corpo umano. Già nel 2016, sempre in Guinea, si era osservato che in un paziente il virus era riuscito a sopravvivere nello sperma per più di 500 giorni dopo l’infezione, riuscendo inoltre a infettare il suo partner per via sessuale. Stando a uno studio pubblicato sul Lancet nel 2016, infatti, di 424 sopravvissuti a ebola, 24 presentavano tracce del virus nel proprio sperma a un anno dall’infezione, mentre per un paziente i giorni sono saliti addirittura a 500.

Dall’ebola, in linea generale, si guarisce quando il sistema immunitario riesce a eliminare il virus: ci sono tuttavia, alcune parti del corpo come gli occhi, il sistema nervoso centrale e, appunto, i testicoli che sono siti privilegiati, dove il virus riesce a nascondersi anche per un lungo periodo di tempo. “Ma vedere un nuovo focolaio partire da un’infezione latente 5 anni dopo la fine di un’epidemia è sorprendente e del tutto nuovo”, commenta Eric Delaporte, infettivologo dell’Università di Montpellier, co-autore di una delle tre analisi pubblicate su virological.com.

La nuova epidemia di ebola

L’attuale focolaio di ebola in Guinea è stato scoperto a fine gennaio scorso, dopo che un’infermiera di 51 anni, a cui era stata diagnosticata febbre tifoide e malaria, è deceduta. Durante il suo funerale, sono state contagiate altre persone, parenti e medici, delle quali 4 sono morte. Subito dopo, all’inizio di febbraio, si è scoperto che il virus ebola era presente nel sangue del marito dell’infermiera. Così, il Guinea Center for Research and Training in Infectious Diseases (Cerfig), il National Hemorrhagic Fever Laboratory e l’Istituto Pasteur di Dakar, in Senegal, hanno deciso di sequenziare i genomi virali e oggi le analisi pubblicate sul sito virological.org concordano tutte che l’attuale epidemia sia stata causata da virus le cui sequenze genetiche sono molto simili a quelle della variante chiamata Zaire Ebolavirus Makona, dell’epidemia del 2013-2016.

Ebola dormiente per 5 anni

Alcuni esperti, racconta Science, concordano con queste analisi, anche se affermano che non è stato dimostrato che il virus sia rimasto dormiente in una persona per 5 anni. “Dall’albero filogenetico si può concludere che si tratta di un virus che è persistito in qualche modo in quell’area, e sicuramente, molto probabilmente in un sopravvissuto”, commenta Dan Bausch, a capo dello United Kingdom’s Public Health Rapid Support Team.

Ma è difficile escludere scenari di una piccola catena di trasmissione di ebola da uomo a uomo non ancora conosciuta. “Ad esempio, un sopravvissuto del 2014 infetta sua moglie pochi anni dopo la guarigione, che infetta un altro uomo, che sopravvive e porta con sé il virus per alcuni anni, infettando poi un’altra donna, che viene poi visitata da un’infermiera che muore”, commenta l’esperto, riferendosi al caso indice del nuovo focolaio. “Capire cosa sia successo esattamente è una delle domande più grandi ora”, spiega Bausch.

Infezioni persistenti

I dati delle nuove analisi, comunque, sollevano la possibilità di come effettivamente nuovi focolai possano aver origine dai sopravvissuti con infezioni persistenti e non riconosciute. Una possibile soluzione al problema sarebbe quella di vaccinare gran parte dell’Africa equatoriale contro ebola anche dove non ci sono epidemie in corso. Fortunatamente, oggi sono disponibili vaccini e trattamenti contro l’ebola, ma finora sono stati utilizzati generalmente solo in risposta a nuovi focolai.

Anche gli statunitensi Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), riesaminando i dati del sequenziamento dei campioni prelevati nell’attuale epidemia in Guinea, concordano sul fatto che i nuovi casi di ebola siano probabilmente collegati a quelli dell’epidemia dell’Africa occidentale 2013-2016. “Questo suggerisce che l’epidemia è cominciata probabilmente da un’infezione persistente, un sopravvissuto e non una nuova introduzione del virus dal serbatoio animale”, commenta al New York Times il portavoce dei Cdc Thomas Skinner. “Sebbene abbiamo già assistito a focolai nella Repubblica Democratica del Congo legati ai sopravvissuti, il periodo di tempo tra la fine dell’epidemia iniziale e l’emergenza di questo focolaio è sorprendente ed evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio la complessa epidemiologia e ecologia dell’ebola”.

Riferimenti: virological.com

Credits immagine di copertina: CDC via Unsplash