Qual è l’acqua oceanica più anziana del mondo? Fra le più antiche in assoluto, oggi è stata individuata una zona d’acqua quasi del tutto immobile, che si trova in una regione dell’Oceano Pacifico Settentrionale ed è imprigionata da più di 1000 anni a due chilometri di profondità sotto il livello del mare. A svelarlo è uno studio internazionale guidato dall’Università di Stoccolma e pubblicato su Nature.
Gli oceani sono composti da flussi di acqua che si muovono salendo e scendendo. Capire la struttura e le forze che guidano questi flussi, all’interno del complesso processo della circolazione oceanica, è molto importante per gli scienziati, per avere informazioni sugli oceani e sulla loro evoluzione. E capire quanto carbonio e quanto calore vengono accumulati nelle acque è utile anche per comprendere meglio i cambiamenti climatici su scala di tempo di centinaia di anni.
I ricercatori hanno deciso di andare in profondità, sia nella ricerca, sia materialmente nell’oceano, servendosi dello studio della distribuzione del carbonio-14, un isotopo radioattivo, una sorta di gemello di questo elemento ma con particolari proprietà chimiche e fisiche. Studiando quanto è abbondante questo componente è possibile datare dei resti organici molto antichi. Quest’acqua oceanica è un serbatoio di carbonio-14 e i ricercatori hanno mappato la distribuzione del contenuto di questo isotopo radioattivo accumulato nelle profondità oceaniche del Pacifico Settentrionale: dallo studio di quanto carbonio-14 era presente e di come era distribuito, infatti, i ricercatori hanno potuto delimitare il bacino stagnante e datarlo, attribuendo un’età perfino all’acqua.
In base all’indagine è emerso che la particolare geometria del fondale oceanico costringerebbe le acque dense provenienti dagli abissi oceanici a compiere un particolare percorso per poi rimanere confinata a profondità inferiori ai 2 chilometri e mezzo. Fino ad oggi, i modelli della circolazione oceanica non spiegavano perché quest’acqua rimanesse bloccata al “piano di sotto” e non riuscisse a risalire liberamente a profondità minori. I ricercatori, dunque, hanno fatto luce su questo vincolo oceanico, che terrebbe l’acqua quasi racchiusa in una zona d’ombra, come l’hanno chiamata gli autori stessi. La ragione di questo fenomeno sembra essere legata alla struttura dei fondali oceanici: a basse profondità risultano ripidi e consentono all’acqua di fluire liberamente, mentre a profondità maggiori, inferiori ai due chilometri dal livello del mare, la superficie dei fondali cambia aspetto e diventa molto piatta e più estesa, dato che a parità di profondità considerata l’area dei fondali risulta quasi quadruplicata. Così questa particolare conformazione dei fondali oceanici sotto i 2,5 chilometri dal livello del mare spiegherebbe, come si legge nelle conclusioni dello studio, perché l’acqua oceanica in questa regione risulti stagnante e quasi isolata dalla zona al di sopra.
E quest’acqua è bloccata da molto tempo, dato che la sua esistenza in superficie, prima che iniziasse ad inabissarsi a causa delle correnti e dei flussi oceanici, risale a quando i Goti invasero l’Impero Romano d’Occidente, riferiscono gli autori, più di 1500 anni fa. “Quando questa zona d’ombra intrappola acqua antica di millenni – ha spiegato Fabien Roquet dell’Università di Stoccolma – cattura anche nutrienti e carbonio che hanno un impatto diretto sulla capacità dell’oceano di modificare il clima su una scala di tempo di centinaia di anni”. La lunga permanenza e l’estensione di quest’acqua in questo bacino oceanico naturale, infatti, ha trasformato questa zona d’ombra in una sorta di serbatoio di sostanze nutrienti, nascoste in profondità. Una riserva, oltre che di elementi chimici, anche di informazioni per i geologi per comprendere meglio come funzionano gli oceani.
Riferimenti: Nature