C’è chi passa ore a osservare la sabbia scivolare da un bulbo all’altro di una clessidra. Matematici e fisici, di solito, che cercano da tempo di descrivere questo affascinante moto con delle equazioni. Un’impresa ardua, a quanto pare, nella quale però sono finalmente riusciti alcuni scienziati del Mit. Il loro modello, che può avere numerose applicazioni in agricoltura, in farmaceutica, in geologia e anche nell’esplorazione della superficie dei pianeti, è contenuto in uno studio pubblicato su Physical Review Letters.
Una delle prime cose che si notano guardando una clessidra, soprattutto quando la si ruota e la sabbia comincia a scendere, è che i granelli si comportano in maniera diversa a seconda di dove si trovano. Nella parte superiore sembrano rimanere immobili, solidi, come se non stessero perdendo pian piano le fondamenta; al passaggio nel foro, invece, sembrano liquidi: si comportano e “schizzano” via come fossero gocce d’acqua; all’arrivo sul fondo della clessidra, infine, i granelli leggeri possono rimanere in sospensione o scontrarsi tra loro, rimbalzando qua e là in maniera simile a quanto farebbero molecole di un gas. Nonostante questa variabilità, i modelli esistenti approssimano il moto della sabbia a quello di un liquido, le cui regole sono ben note ai fisici: il comportamento dei fluidi può infatti essere descritto molecola per molecola, sebbene per farlo un normale computer impieghi moltissimo tempo.
Per velocizzare un po’ le cose, gli scienziati hanno sviluppato dei modelli semplificati: dividendo idealmente l’acqua nel contenitore in tanti piccoli “cubetti”, se ne può descrivere il movimento quasi perfettamente. Il modello però funziona con estrema precisione solo per via delle dimensioni relative degli elementi; ogni cubetto considerato, cioè, risulta piccolo rispetto al bicchiere, ma enorme rispetto alla singola molecola.
Peccato che con i granelli di sabbia non sia altrettanto facile. “Se dovessimo utilizzare lo stesso modello per un insieme di granelli di sabbia, in scala, avremmo bisogno di un contenitore grande almeno quanto San Francisco”, ha commentato Ken Kamrin, primo autore dello studio. “Nel caso dell’acqua, ogni molecola è infatti abbastanza piccola da rimanere sempre all’interno del rispettivo cubetto. Nel caso dei granelli, invece, questi sono troppo grandi e ‘comunicano’ con quelli vicini: i cubetti non si possono più considerare come totalmente separati”.
Tenendo conto di questo, Kamrin e il suo collega Georg Koval hanno sviluppato e testato un nuovo modello che tiene conto delle dimensioni dei granelli e descrive non solo il moto della sabbia che cade dall’alto in basso nella clessidra, ma anche quello del roccia erosa che scivola da un pendio, del grano in un impianto agricolo o dei farmaci realizzati all’interno di un laboratorio farmaceutico. Le previsioni di questo schema sono in perfetto accordo con le simulazioni effettuate sulle singole particelle, tanto da riuscire non solo a descrivere il moto nei punti in cui gli elementi si muovono più velocemente e in maniera simile a un liquido, ma anche dove si spostano tanto lentamente da sembrare immobili.
“Così, in pochi minuti, riusciamo a descrivere come comincia e come si sviluppa una frana”, ha spiegato Kamrin. Ma il modello può aiutare nella produzione agricola: “È stato stimato che ogni impianto industriale agroalimentare spreca circa il 40% delle sue energie perché non riesce a ottimizzare la gestione di materiali granulari; si tratta di una quantità enorme, che corrisponde al 10% di tutta l’energia consumata nel mondo”, ha continuato il ricercatore. Ancora, il modello potrebbe essere usato per migliorare l’aderenza delle ruote dei veicoli spediti su altri pianeti: “Se avessimo avuto questo modello in fase di progettazione del Mars Exploration Rover – ha concluso Kamrin – forse avremmo potuto evitare che questo si incastrasse poco dopo l’atterraggio nelle sabbie del Pianeta Rosso”.
Riferimento: Physical Review Letters
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