L’avessimo avuto a disposizione prima, magari, la misteriosa storia del volo MH370 di Malaysia Airlines, scomparso improvvisamente dai radar dieci giorni fa (e non ancora ritrovato), avrebbe potuto avere un corso diverso. I ricercatori del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (Cnit) e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa hanno infatti appena presentato un radar di nuova generazione, che usa un sistema fotonico (cioè basato sulla luce) per la ricezione e la trasmissione dei tradizionali segnali a radiofrequenza. Lo strumento, descritto su Nature, permette un notevole miglioramento delle prestazioni (soprattutto in termini di risoluzione spaziale) ed è più versatile ed economico rispetto ai radar attualmente in uso. E quindi, tra le altre cose, potrebbe aumentare considerevolmente l’efficienza del monitoraggio del traffico aereo.
In generale, il radar si basa su un’idea tanto semplice quanto geniale. Inviare un segnale contro un oggetto e studiarne il rimbalzo per determinare posizione e caratteristiche dell’oggetto stesso. Lo strumento fu utilizzato per la prima volta dal fisico tedesco Rudolf Künhold il 20 marzo 1934, esattamente ottant’anni fa. Niente di meglio di un bel restyling per festeggiare la ricorrenza: “Il cuore fotonico del nostro sistema”, racconta a Wired.it Antonella Bogoni, coordinatrice del progetto Phodir (PHOtonic-based fully DIgital Radar), “sta nel laser usato per generare il segnale ottico. Questo viene poi convertito in segnale a radiofrequenza e trasmesso dall’antenna. Quando il segnale torna indietro, viene nuovamente trasformato in ottico e poi processato”.
Il prototipo del Cnit è il primo radar mai costruito usando questo approccio: “A basse frequenze, dell’ordine dei megahertz, l’elettronica [la tecnologia attualmente in uso, nda] funziona meglio dell’ottica”, spiega ancora Bogoni. “Ma ad alte frequenze, dell’ordine dei gigahertz, i segnali ottici sono molto più stabili e precisi sia in trasmissione che in ricezione”. Operare ad alte frequenze è più comodo perché permette di rimpicciolire le dimensioni dell’antenna e quindi avere uno strumento meno ingombrante.
Ma c’è dell’altro. Il radar a cuore fotonico è estremamente più versatile rispetto a quello elettronico, perché permette di operare a diverse frequenze senza la necessità di modifiche hardware sostanziali: “Grazie a questa caratteristica il nostro si può considerare un radar multifunzione, la cui configurazione può essere cambiata facilmente per adattarsi a utilizzi differenti. Il monitoraggio del traffico aereo o navale, per esempio, ma anche quello ambientale. In questo caso si potrebbe scegliere di monitorare un’area vasta con risoluzione bassa o viceversa, aumentando la risoluzione su porzioni di spazio più ridotte. Questo si traduce in maggiore efficienza, meno consumi e meno costi di utilizzo”, dice Bogoni.
Gli scienziati si dicono soddisfatti dalle prime prove dello strumento, con cui hanno monitorato il traffico navale del porto di Livorno e gli aerei in partenza dall’aeroporto di Pisa. E per quanto riguarda il volo Malaysia Airlines? “Già adesso è estremamente raro che un aereo sparisca improvvisamente dai radar, dato che sistemi attuali offrono un’ottima copertura”, commenta Bogoni. “Il nostro prototipo va nella direzione di aumentare ulteriormente la sicurezza, perché offre risoluzione, sensibilità e flessibilità maggiori rispetto a quelli attualmente in uso”.
Credits immagine: Antonella Bogoni/Cnit
Via: Wired.it
Pensate…
inventato nel 1934…complimenti. ..come le auto che potrebbero utilizzare altre fonti energetiche e ancora si è attaccati al petrolio per fini speculativi….bah…che vergogna..