Addio cesio, benvenuto stronzio (niente facili ironie, grazie). Stando a quanto pubblicato su Nature dai ricercatori del National Institute of Standard and Technology (Nist), infatti, è appena iniziata una nuova era nel campo degli orologi atomici: gli scienziati hanno messo a punto un dispositivo, a base di atomi di stronzio, che ha stabilito nuovi record mondiali per accuratezza e stabilità. Si tratta, in sostanza, dell’orologio più preciso mai costruito, almeno il 50% in più rispetto al precedente detentore del record (anch’esso costruito nei laboratori del Nist): secondo gli scienziati, non perde né guadagna un secondo neanche in 5 miliardi di anni – posto che potesse funzionare così a lungo, dato che si tratta di un periodo di tempo superiore all’età della Terra, stimata in 4,5 miliardi di anni.
Nel dispositivo, poche migliaia di atomi di stronzio sono incolonnati in circa cento trappole per formare una struttura reticolare, e vengono colpiti da luce laser estremamente stabile che innesca il passaggio degli elettroni da un livello energetico all’altro. Ciascuna di queste oscillazioni elettroniche – 430 bilioni al secondo – rappresenta un ticchettìo dell’orologio. Per verificare le prestazioni del dispositivo, l’équipe lo ha confrontato con due versioni precedenti, una costruita nel 2005 e l’altra l’anno scorso, scoprendo che il nuovo orologio è addirittura più stabile e preciso di quanto ci si aspettava. E non è che l’inizio, come spiega Jun Ye, a capo del gruppo di ricerca: “Il lavoro che abbiamo pubblicato è una specie di rapporto di medio termine. Ci aspettiamo nuove scoperte importanti nel giro di cinque o dieci anni”.
L’attuale definizione internazionale di unità di tempo si basa sui vecchi orologi al cesio, una tecnologia degli anni novanta. Ma i progressi scientifici, spiegano gli autori della ricerca attuale, permetteranno di migliorare ulteriormente gli standard, usando dispositivi allo stronzio per definire precisamente gli intervalli temporali. È tempo di cambiare, insomma.
Via: Wired.it
Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12941
Credits immagine: Brad Baxley and Ye Labs