L’attesa è finita: possiamo finalmente osservare un buco nero in tutto il suo splendore. E non in un’illustrazione, o una rappresentazione artistica, ma grazie a un’immagine diretta, catturata dai telescopi dell’Event Horizon Telescope consortium (Ehtc). Un risultato frutto di oltre due anni di lavoro, realizzato utilizzando otto telescopi sparsi per tutto il mondo, e analizzando oltre 4 petabyte di dati. Quel che è certo è che ne valeva la pena: l’immagine ritrae Messier 87, il buco nero supermassiccio situato al centro dell’ammasso della Vergine, ed è stata appena presentata dalla Commissione Europea, uno dei finanziatori dell’impresa, durante la conferenza stampa da Bruxelles.
Un risultato epocale
Come spiegano i ricercatori dell’Event Horizon Telescope, si tratta di un risultato epocale: la prima testimonianza visiva diretta mai ottenuta di un buco nero supermassiccio e della sua ombra. L’immagine, al centro di ben sei pubblicazioni ospitate su un numero speciale di Astrophysical Journal Letters, rivela il buco nero al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine. Il buco nero dista da noi 55 milioni di anni luce e ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole.
Come si arriva all’immagine di un buco nero
Per ottenere l’immagine, i ricercatori del consorzio scientifico dell’Event Horizon Telescope hanno utilizzato otto radiotelescopi dislocati in diverse parti del pianeta, che una volta sincronizzati hanno dato vita a un telescopio virtuale di dimensioni pari a quelle della Terra. Uno strumento con una sensibilità e una risoluzione senza precedenti, che ha permesso di raccogliere la debole luminosità della galassia alle spalle del buco nero, e di scorgere così la sua ombra.
“Se immerso in una regione luminosa, come un disco di gas incandescente, ci aspettiamo che un buco nero crei una regione scura simile a un’ombra, un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein che non abbiamo mai potuto osservare direttamente prima”, spiega il presidente dell’EHT Science Council Heino Falcke della Radboud University, nei Paesi Bassi. “Quest’ombra, causata dalla curvatura gravitazionale e dal fatto che la luce viene trattenuta dall’orizzonte degli eventi, rivela molto sulla natura di questi affascinanti oggetti e ci ha permesso di misurare l’enorme massa del buco nero di M87”.
Sincronizzare i radiotelescopi
Le osservazioni sono state possibili grazie alla tecnica nota come Very-Long-Baseline Interferometry (VLBI) che sincronizza le strutture dei telescopi in tutto il mondo e sfrutta la rotazione del nostro pianeta per andare a creare un enorme telescopio di dimensioni pari a quelle della Terra in grado di osservare ad una lunghezza d’onda di 1,3 mm. E di raggiungere così una risoluzione angolare di 20 micro secondi d’arco: un livello di dettaglio tale da permetterci di leggere una pagina di giornale a New York comodamente da un caffè sul marciapiede di Parigi.
“Quello che stiamo facendo è dare all’umanità la possibilità di vedere per la prima volta un buco nero – una sorta di ‘uscita a senso unico’ dal nostro universo”, spiega il direttore del progetto EHT Sheperd S. Doeleman del Center for Astrophysics della Harvard University. “Questa è una pietra miliare nell’astronomia, un’impresa scientifica senza precedenti compiuta da un team di oltre 200 ricercatori”.