Immaginate di aprire un pannello solare, e scoprire che tutti i circuiti al suo interno sono composti interamente da materiali biologici. Fantascienza? Non proprio: l’utilizzo di biomolecole per il trasporto, e la produzione, di corrente elettrica è un campo di studi molto promettente, che garantirebbe forti risparmi economici e ridurrebbe notevolmente l’impatto ecologico dei nostri dispositivi elettronici. E l’ultima scoperta in questo campo arriva dall’Italia: un “filo molecolare” composto da biomolecole autoassemblanti, estremamente stabili, capaci di trasportare elettricità e di generarla se esposte alla luce. A idearlo sono state Marta De Zotti del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova ed Emanuela Gatto, ricercatrice dell’Università di Tor Vergata, che hanno descritto la loro scoperta sulle pagine della rivista Angewandte Chemie International Edition.
Un filo molecolare autoassemblante
Il cuore del sistema è una molecola analoga a un peptide naturale, chiamato tricogina GA IV, sintetizzato dal fungo Trichoderma logibrachiatum. La tricogina appartiene alla famiglia dei peptaibolici, dei peptidi naturali che possiedono strutture elicoidali ben definite, e risultano molto stabili in condizioni ambientali estreme. Combinando la molecola con due basi azotate complementari (due delle cosiddette “lettere del DNA”) le due ricercatrici hanno dato al peptide la capacità di auto-organizzarsi in tre dimensioni, formando dei “fili molecolari” su un elettrodo d’oro. E con lo stesso metodo hanno legato, tramite l’interazione tra basi azotate complementari, una porfirina in grado di trasformare la luce in corrente elettrica.
Più potente dei concorrenti non bio
Questi fili molecolari sono stati analizzati con tecniche elettrochimiche e spettroscopiche e si sono dimostrati molto stabili nel tempo, conservando la loro attività per molte settimane. Sotto illuminazione, il sistema completamente formato da biomolecole si è dimostrato in grado di generare corrente con un’efficienza superiore a quella registrata in sistemi simili non “bio”. Grazie a questo lavoro di ingegneria biochimica si è fornito il primo mattone per costruire un circuito elettronico biomolecolare.
Bioelettronica: eccellenza italiana
La bio-elettronica, d’altronde, è un campo di studi in piena espansione. Poche settimane fa, per esempio, alla Federico II di Napoli è stata sviluppata un’altra biomolecola in grado di trasportare elettricità. E in quel caso, si tratta di una sostanza con cui abbiamo tutti fin troppa consuetudine: la melanina, il pigmento presente nella nostra pelle, che attraverso una procedura di termodisidratazione ha aumentato di un miliardo di volte le sue capacità conduttive.
Riferimenti: Angewandte Chemie International Edition