Uomini e donne soffrono, si ammalano e rispondono alle cure in modo diverso. È questo il fondamento della “nuova” frontiera della medicina, quella genere-specifica, oggetto della proposta di legge Boldrini. Ma non solo i farmaci hanno effetti diversi a seconda del genere. Data la sua intrinseca variabilità interindividuale e l’influenza di fattori psicologici, biologici ed ambientali, anche l’effetto placebo pare strettamente correlato al genere. Ne abbiamo discusso con Paola Antonini, Senior Vice Presidente degli Affari Scientifici e Medici presso Worldwide Clinical Trials.
“Il campo dell’analgesia”, spiega la Antonini, “è particolarmente rappresentativo dell’effetto placebo e si è perciò rivelato un valido caso di studio. Le risposte dei pazienti sono state analizzate in modelli sperimentali, inducendo un dolore di entità nota e rilevando la risposta al farmaco o al placebo.”
Tuttavia spesso i risultati sono contrastanti, in larga parte per il fatto che i dati sono derivati non da studi specifici, ma da valutazioni effettuate su una popolazione mista.
Le donne sembrano mostrare una risposta al placebo maggiore rispetto agli uomini nel trattamento della sindrome da astinenza da benzodiazepine. D’altra parte, sono riportati casi di analisi in condizioni di dolore ischemico in cui l’effetto placebo è stato rilevato unicamente negli uomini.
La differenza di genere è presente, ma l’entità e le cause richiedono ulteriori studi. Non è infatti dimostrato in maniera inequivocabile il legame con diversità biologiche (specialmente ormonali), ad eccezione delle evidenze sperimentali sulla maggiore attività negli uomini dei recettori μ, che influenzano l’azione analgesica degli oppioidi.
Ad oggi, il risultato maggiormente condiviso è che i pazienti risentono delle condizioni in cui viene chiesto loro di dare un rating al dolore. I determinanti sono moltissimi: dal sesso dell’esaminatore, alle condizioni a contorno della richiesta, all’azione a livello celebrale di altri stati (quali stress o ansia). “Gli aspetti socio-culturali hanno un’influenza notevole nella percezione e nella resistenza al dolore”, sostiene Antonini. “Ad esempio gli stereotipi tradizionali, come quello dell’uomo stoico e della donna bisognosa, condizionano la verbalizzazione della sofferenza.”
In risposta a questa complessità, avanzano le prospettive per il futuro. “Il prossimo passo potrebbe essere quello di studiare i dati che provengono dalle schede di tollerabilità e sicurezza di un farmaco post marketing.” Secondo Antonini, queste rappresentano un immenso bacino di informazioni, se esaminate sulla base delle differenze di genere. “Realizzando inoltre un’analisi dell’efficacia dei farmaci attraverso studi osservazionali, si arriverebbe ad adattare le cure al genere, creando una medicina mirata e più efficiente.”
Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara