Misteriosi pennacchidi vapore acqueo e microscopicheparticelle ghiacciate. Sono fenomeni che si possono osservare in prossimità del polo sud di Encelado, una delle lune di Saturno, la cui intensità varia a seconda della posizione del satellite lungo l’orbita ellittica intorno al pianeta. Perché? A rispondere alla domanda è una ricerca statunitense pubblicata su Nature, secondo cui questa variazione è connessa a forze (o stress) dette tidali, che sono a loro volta un effetto della forza di gravità e che, come tali, sono più o meno intense a seconda che i due corpi presi in considerazione (Saturno e la sua luna in questo caso) siano più o meno vicini.
Gli strani getti di particelle ghiacciate di Encelado provengono da una regione vicina al polo sud, più calda rispetto al resto del satellite, e sembrano originare da strette e profonde fenditure, soprannominate “strisce di tigre”. Dal 2005 al 2012, lo spettrometro Vims (Visual and Infrared Mapping Spectrometer) della sonda Cassini ha effettuato diverse osservazioni del satellite nella sua rivoluzione intorno al pianeta, studiando l’intensità luminosa dei pennacchi in funzione dell’inclinazione della luna sul piano orbitale nel suo moto intorno a Saturno.
“Le osservazioni di Encelado nel suo moto sull’orbita leggermente ellittica rivelano che la sua attività geologica è massima quando esso si trova nel punto più lontano da Saturno, come emerge dalle 252 immagini che abbiamo analizzato”, spiega Mattew Hedman della Cornell University, tra gli autori dello studio. In particolare, in queste regioni, la luminosità dei pennacchi risulta molto più elevata rispetto ad altri punti.
Quanto osservato è consistente con l’ipotesi che, poiché a grande distanza da Saturno l’attrazione gravitazionale tra i due corpi celesti è minore e poiché, di conseguenza, la compressione (o stress tidale) del pianeta sulla luna è meno pronunciata, le fenditure si aprono maggiormente, facendo fuoriuscire uno sbuffo più forte di vapore acqueo e microscopico materiale ghiacciato. Mistero risolto.
Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12371
Credits immagine: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/Cornell/SSI