Per qualcuno il fatto che il teletrasporto in fisica sia decisamente diverso da quello che siamo abituati a vedere nei film di fantascienza potrebbe essere un’amara delusione. Eppure, gli scienziati e gli appassionati sono sicuri che il “vero” trasporto istantaneo sia tanto interessante quanto quello scenico, dato che permetterà di creare dei computer dalle caratteristiche sorprendenti e di comunicare a velocità mai raggiunte. Perché questo accada, però, ci sono diversi problemi ancora risolvere: uno di questi è aumentare la distanza alla quale gli scienziati riescono a “teletrasportare” dati nel processo noto come entanglement; un altro è riuscire a capire se il trasferimento è avvenuto oppure no, possibilmente senza distruggere l’informazione. Entrambe queste difficoltà sembrano oggi essere state risolte da un team dell’Università di Monaco e del Max Plank Institute of Quantum Optics. La descrizione di come sia stato raggiunto il risultato è stata pubblicata in un articolo su Science.
Inteso come forma di trasferimento istantaneo dello stato quantistico, a distanza e senza l’interposizione di alcun mezzo fisico, il teletrasporto esiste già da qualche tempo. I fisici oggi sono in grado di appaiare lo spin di due particelle poste a distanza, o la polarizzazione di due elettroni, e di creare più o meno facilmente atomi entangled, ovvero così tanto collegati l’uno all’altro che seppure posti a grande distanza riescono a comunicare istantaneamente. In queste coppie di particelle, il valore di una data proprietà assunto da una delle due influenza immediatamente anche il valore corrispondente dell’altra. Una proprietà che – è facile da immaginare – potrebbe essere molto utile nei computer e nelle telecomunicazioni del futuro.
Se le due particelle entangled si trovano lontane, la correlazione tra loro può essere usata per realizzare una sorta di canale per trasferire informazione quantistica da un punto all’altro. Tutto ciò con una quantità di dati molto più grande di quelle che si riescono a trasferire oggi, a velocità molto superiori, nonché con la caratteristica aggiuntiva di poter rilevare subito la presenza di eventuali falle di sicurezza nel canale. Tuttavia, perché questa possibilità possa essere usata nelle telecomunicazioni, la generazione di stati entangled deve poter essere verificata e per questo – si dice in gergo – il processo deve essere heralded, ovvero “annunciato” da un segnale separato che assicuri che l’avvenimento ha avuto luogo.
Fino ad oggi la creazione di heralded entanglement era stata possibile solo per brevi distanze. Al crescere della lontananza delle due particelle il problema che si pone è quello di non perdere lungo il tragitto informazioni, esattamente come succede per la normale comunicazione. Nei fili elettrici come i cavi ethernet, per risolvere questo impedimento vengono usati dei ripetitori, capaci di replicare i dati ricevuti. Allo stesso modo, anche in fisica quantistica c’è bisogno di un meccanismo simile, che fino ad oggi era però stato realizzato solo nel caso di unheralded entanglement. Nel caso si voglia anche la verifica dell’”appaiamento” dei due stati tutto diventa meno semplice.
Tramite un complesso e poco intuitivo schema di interazione di atomi e fotoni entangled, i ricercatori tedeschi sono riusciti nell’intento. Ovvero, non solo hanno ottenuto il collegamento di due atomi di Rubidio-87 che si trovavano a venti metri di distanza l’uno dall’altro, ma hanno anche ottenuto la contemporanea creazione di una sorta di feedback di questo avvenimento (il “segnale” consisteva nella rilevazione di uno specifico stato nei fotoni prodotti durante tutto il procedimento).
Un risultato tutt’altro che banale. “Si tratta di un esperimento che si può facilmente definire una pietra miliare dell’ottica quantistica”, ha scritto Jurgen Volz ricercatore all’Università della Tecnologia di Vienna, in un commento al lavoro pubblicato sempre su Science. “Probabilmente ben presto saremo capaci di implementare protocolli di comunicazione quantistica a grande distanza. E questo studio non è altro che un ulteriore passo in avanti verso la risoluzione delle ultime lacune sperimentali in questo campo”.
Riferimento: Science doi: 10.1126/science.1221856
doi: 10.1126/science.1224202
Credit immagine a W. Rosenfeld