Dagli inizi di aprile si è segnalata, prima in Europa, poi anche negli
Stati Uniti la presenza di alcune epatiti acute di origine sconosciuta nei bambini, arrivate nel giro di qualche giorno intorno ai 200 casi. Esclusi i virus comunementi noti per dare origini a epatiti (A, B, C, D ed E), l’attenzione da subito si è focalizzata su altri possibili agenti infettivi, non escludondo nessuna ipotesi, così come quella di infiammazioni legate a sostanze tossiche. Quella più probabile rimane al momento l’infezione da parte di un adenovirus.
L’ipotesi adenovirus si era fatta strada da subito alla notizia dei casi ancora inspiegabili di epatiti osservate nei bambini, alcune anche gravi al punto da richiedere trapianto di fegato (è stato segnalto anche un decesso). Gli adenovirus, infatti, possono dare origini a epatiti, anche se – come spiegava l’esperto – queste sono solitamente blande. Più probabile che a causarle, se di questo si tratta, fosse un adenovirus nuovo. Nei giorni successivi, secondo quanto riportato dalla Bbc, l’ipotesi di adenovirus avrebbe preso corpo, puntando il dito verso il ceppo F41, identificato in alcuni casi del Regno Unito così come negli Usa.
Nell’ultimo aggiornamento della UK Health Security Agency – le prime segnalazioni sono arrivate proprio dal Regno Unito – si parla ancora di adenovirus come causa più probabile delle epatiti, ribadendo però come le indagini siano ancora in corso. Gli adenovirus insieme al coronavirus Sars-CoV2 sono gli agenti infettivi finora osservati più frequentemente nei bambini colpiti, e l’ipotesi, riassumono dagli Ecdc, è che questo, insieme a un cofattore possa portare in alcuni casi a queste epatiti nei bambini. L’invito al momento è sempre quello di continuare a seguire tutte le normali norme igieniche, e a prestare attenzione a segni di possibili epatiti – sintomi gastrointestinali, febbre, debolezza, prurito – soprattutto ittero.
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