Oltre ad essere il metodo più efficace per ridurre i dolori del parto, l’anestesia epidurale non allunga i tempi del travaglio, al contrario di quanto si pensava finora. E non aumenta i casi di parto cesareo o di episiotomia, cioè l’incisione del perineo – oggi usata solo in casi rari, viste le complicanze che presenta. A dimostrarlo è uno studio condotto dal Centro Medico Beth Israel Deaconess a Boston. I risultati sono stati pubblicati su Obstetrics & Gynecology.
I ricercatori hanno preso in considerazione un gruppo di 400 donne alla loro prima gravidanza. Tutte quante ricevevano l’anestesia epidurale durante la prima fase del travaglio, quella dilatante, cioè dall’inizio fino alla dilatazione completa della cervice. Mentre nella seconda fase del travaglio, quella espulsiva, ad alcune partecipanti veniva somministrata l’epidurale (basse dosi di ropivacaina e sufentanile) e ad altre un placebo, ma né loro né gli operatori sanitari in sala erano a conoscenza di chi l’avesse ricevuta e chi no. Fermo restando che chi provava un dolore eccessivo poteva comunque ricevere una dose di epidurale – anche se appartenente al gruppo placebo – a discrezione del medico.
L’epidurale, utilizzata in maniera diffusa a partire dagli anni ’70, consiste nell’iniezione di un analgesico, composto da anestetici e narcotici, nello spazio peridurale, cioè nella regione corporea compresa fra due distretti, uno anteriore e uno posteriore, chiamati legamento giallo e la dura madre. Tramite un piccolo catetere l’anestesia può essere infusa in maniera continua, controllando anche il dolore dopo il parto.
Fino ad oggi, molti medici ritenevano che quest’analgesia rallentasse la seconda fase del travaglio, un particolare importante perché la maggiore durata risulta associata con effetti avversi, come emorragia post-partum, lacerazione del perineo e particolari infiammazioni. Così soprattutto in questo stadio del parto si tendeva a ridurre l’epidurale o a non somministrarla in maniera continua. Ma i risultati odierni mostrano che i tempi del travaglio sono più o meno uguali sia con un’epidurale continua sia solo col placebo: nel primo caso la durata media è stata di 52 minuti mentre nel secondo caso di 51 minuti, tempi quasi sovrapponibili e che non denotano una differenza da attribuire all’anestesia.
E i ricercatori hanno misurato anche altri parametri: l’incidenza del parto naturale, simile in entrambi i gruppi, il livello di dolore, maggiore nelle donne che avevano ricevuto il placebo, e la salute del neonato, misurando ad esempio il peso, l’indice di Apgar – una misura della salute dopo la nascita, che include la misura del battito cardiaco, respirazione, riflessi, tono muscolare ed altro, ed il pH del sangue sull’arteria ombelicale, che serve a fornire una valutazione dei livelli di ossigeno del sangue del neonato. Non sono state registrate differenze di rilievo nella salute dei bambini nati dalle madri che avevano effettuato l’epidurale rispetto a quelli nati dalle mamme del gruppo placebo, e anche il numero di parti naturali è risultato simile fra i due gruppi. Mentre mediamente il livello di dolore è risultato più elevato nel gruppo placebo.
Nelle conclusioni dello studio si legge che l’epidurale non ha modificato la durata del parto. Nonostante i risultati positivi, dallo studio emergono anche alcuni punti ancora da chiarire. Gli autori sottolineano infatti che in 49 partecipanti su 400, di cui 38 nel gruppo dell’epidurale e 17 nel gruppo placebo, l’ostetrica, all’oscuro del fatto che la partoriente ricevesse l’epidurale o meno, ha richiesto l’interruzione dell’epidurale perché il travaglio procedeva in maniera piuttosto lenta. Insomma, anche se non ci sono stati effetti negativi nell’uso dell’anestesia nella seconda fase del travaglio – hanno specificato gli autori dello studio – in questa fase l’anestesia epidurale rimane un argomento controverso e richiede studi di follow up. In ogni caso lo studio rappresenta un passo in avanti nella comprensione di come usare al meglio l’epidurale, tenendo conto sia del benessere della mamma che di quello del bambino.
Riferimenti: Obstetrics & Gynecology