Contro l’epilessia c’è anche la K448. Non si tratta di un nuovo farmaco in via di sperimentazione, ma della sonata in re maggiore per due pianoforti di Wolfgang Amadeus Mozart, scritta dal compositore austriaco a soli 25 anni. L’ascolto di questa composizione sembrerebbe ridurre l’entità e la frequenza delle crisi in pazienti affetti da epilessia. Gli scienziati lo chiamano “effetto Mozart”. E oggi i ricercatori dell’Università di Pisa e dell’IRCSS Stella Maris Gianluca Sesso e Federico Sicca hanno indagato questo fenomeno, raccogliendo e analizzando i risultati degli studi effettuati negli anni in una meta-analisi appena pubblicata su Clinical Neurophysiology: la sonata del celebre compositore, dicono i due ricercatori, sembra essere efficace contro i sintomi dell’epilessia, riducendo le crisi e anche le attività cerebrali anormali tipiche dei pazienti epilettici.
Quando la musica diventa rimedio
L’uso delle note in funzione terapeutica non è una novità. Nel corso del tempo, diversi studi hanno dimostrato che la musica può essere utile nel trattamento di condizioni come – solo per citarne alcune – autismo, demenza, disturbi del sonno, morbo di Parkinson: è la musicoterapia, nata e sviluppatasi nel secolo scorso, che consiste nell’uso di elementi musicali da parte di professionisti per scopi terapeutici. Sappiamo anche che tra le patologie in cui la musica sembra offrire un aiuto inaspettato c’è l’epilessia, una delle patologie neurologiche più diffuse al mondo. In Italia ne sono affette almeno 500 mila persone. Le conseguenze della malattia stessa e degli effetti avversi dei farmaci antiepilettici sono neurologiche e cognitive, ma anche psicologiche e sociali, e incidono significativamente sulla qualità della vita dei pazienti, con costi sanitari molto alti. Non solo, circa il 30% di chi è affetto da questa patologia non risponde ai medicinali: perciò la ricerca in questo campo si concentra anche su approcci diversi che si integrino al trattamento farmacologico della malattia. Come appunto le sonate di Mozart.
Effetto Mozart, una lunga storia
Sebbene l’effetto Mozart venga citato per la prima volta in un esperimento pubblicato su Nature nel 1993 dai ricercatori dell’Università Irvine della California guidati da Frances Rauscher, i lavori successivi sono stati talmente eterogenei che la comunità scientifica ha guardato con sospetto la capacità terapeutica della sonata per pianoforte. Eppure, il crescente numero di studi sugli effetti di Mozart sull’epilessia ha indotto i ricercatori Sesso e Sicca a tentare di fare chiarezza al riguardo. “Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi che suggerivano l’uso della musica di Mozart come potenziale tecnica di neurostimolazione non invasiva per il trattamento dell’epilessia”, racconta a Galileo Federico Sicca, medico e ricercatore nel Dipartimento di Neuroscienze dello Sviluppo e Laboratori di Neurofisiologia Clinica e Neurobiologia dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, uno degli autori dell’analisi. “Questi studi, però, utilizzando metodologie variabili, spesso giungevano a conclusioni contrastanti. Questo ha portato medici e scienziati a trattare l’effetto Mozart con un certo scetticismo. Noi invece eravamo interessati a valutarne l’efficacia in maniera più sistematica e oggettiva possibile”.
Questione di ritmo
Quello che emerge dall’analisi dei 147 studi presi in considerazione è singolare: ascoltare Mozart, soprattutto quotidianamente, ha portato a una significativa diminuzione delle crisi (con un decremento che va dal 31% al 66%) e anche a una ridotta frequenza delle attività cerebrali anormali tipiche dei pazienti epilettici. Questi effetti si sono verificati dopo una singola sessione di ascolto e sono stati mantenuti dopo un periodo prolungato di trattamento. Ma si tratta solo del musicista austriaco? “La sonata K448 rappresenta lo stimolo più indagato nella letteratura scientifica, quello che ha potuto fornire i risultati più robusti”, dice Sicca. “Altri brani dello stesso autore, ad esempio la sonata K545, si sono dimostrati ugualmente efficaci, suggerendo che alcune specifiche proprietà ritmiche o armoniche della musica di Mozart possano essere responsabili dell’effetto terapeutico.” Non solo la K448, dunque, purché sia Mozart. “D’altro canto, altri stimoli musicali, per esempio la bagatelle Per Elisa di Beethoven, o varie musiche per bambini, non hanno mostrato alcuna evidenza di significativi benefici sull’epilessia”. La lunga storia dell’effetto Mozart non è certo finita. “Ci auspichiamo che vengano condotti ulteriori studi clinici randomizzati con campioni più grandi e più omogenei, in modo da poter confermare ulteriormente l’effettiva efficacia della musica del compositore austriaco sull’epilessia”, conclude il ricercatore. “Una volta disponibili evidenze ancora maggiori, la musica di Mozart e la terapia basata sulla neurostimolazione con la musica potranno essere seriamente considerate come possibili opzioni di trattamento complementare non farmacologico per l’epilessia”.
Riferimenti: Clinical Neurophysiology
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